Nietzsche è di destra? (S.V.)
In un mio recente articolo (Antimafia Duemila,19.5.2025) nell’annoverare “i mostri sacri” che nel primo novecento sono stati classificati di destra, ho indicato Nietzsche, assieme a D’Annunzio, Pirandello, Ezra Pound, Marinetti ecc. Qualche mio amico si è preso il disturbo di chiamarmi per ricordarmi che non è così, ed è vero che il pensiero di alcuni grandi uomini, e in particolare di Nietzsche, non può essere classificato secondo schematismi e categorie in uso, poiché nella loro genialità costoro sfuggono ad ogni classificazione. E tuttavia mi sembra giusto informare i miei solerti amici che per me Nietzsche è stato uno dei pensatori che più ho amato e che continuo a leggere e ad amare. Ho cominciato all’università, quando ebbi tra le mani il libro di Lukacs “La distruzione della ragione”, con una lettura ortodossamente marxista di quel che Lukacs sapeva di Nietzsche con una spietata critica e con l’accusa di essere stato uno dei responsabili dell’affermazione dei regimi autoritari europei. Ancora non era stato scoperta la mostruosa manipolazione degli ultimi scritti di Nietzsche, relativi alla “Volontà di potenza” fatta dalla sorella Elizabeth, sposata al filonazista Foster, e che opportunamente Deleuze ha chiamato Elizabeth “Giuda” Foster. La mia prima sorpresa fu quando un giorno vidi Peppino Impastato intento a leggere “Così parlò Zaratustra”: mi trovavo con il giornalista Amedeo La Mattina, anche lui stupito, e da allora ne iniziammo una lettura più attenta. Nel frattempo cominciava a venir fuori la ricostruzione, parola dopo parola, degli scritti di Nietzsche, fatta da Colli e Montinari negli archivi di Weimar e le idee di uno dei più grandi pensatori dell’800 cominciavano a circolare in una veste nuova e affascinante. Che dire? Se mettiamo assieme la melodia dei versi di Zaratustra, con quella dell’Aurora e altri frammenti, per arrivare alla dura autobiografia in “Ecce Homo”, ci rendiamo conto che il suo “L’Anticristo” si può riassumere in una sola frase: “In fondo è esistito un solo cristiano, ed è morto sulla croce”. In un certo momento Zaratustra riesce a convincere alcuni uomini “superiori” a seguire la sua dottrina, ma quando si accorge che costoro dell’oltre uomo non avevano capito niente, li lascia al loro destino e va via all’alba con i suoi simboli, il serpente e l’aquila. Quando insegnavo ci tenevo che non si pronunciasse la parola superuomo, ma, quella, nella traduzione di Vattimo, “oltre-uomo”. Oltre questo modello di uomo depotenziato, avvilito, snaturato nella sua originaria essenza, che ci è stato consegnato da tremila secoli di storia. E bello il racconto delle tre metamorfosi: l’uomo oppresso arriva nel deserto, getta la sua pelle di cammello e lascia uscire il leone: il momento della ribellione per un’”inversione di tutti i valori”. Ma non è finita: occorre una terza metamorfosi, quella del leone in bambino, un ritorno alla spontaneità, all’innocenza, alla scoperta costante e meravigliata del mondo. Anche l’intuizione tra uno “spirito dionisiaco” e uno “spirito apollineo” alle origini della tragedia greca, sino al deterioramento del pensiero causato da una parte da Euripide, dall’altra da Socrate, offrono una chiave di lettura ben diversa da quanto la filologia aveva saputo fare sino a quel momento. Senza grandi sforzi, si può cogliere in Nietzsche quello che poco dopo sarà teorizzato da Freud con la sua divisione di Eros e Thanatos alla base dei comportamenti e dei conflitti tra gli uomini, ma anche della loro capacità di socializzazione. Non tanto diverso dal Super-Io freudiano, che non c’entra niente con la superiorità, ma è anch’esso un “oltre-io”. In questo contesto Nietzsche è di destra? Volendo cercare un’analogia tra il suo pensiero e quello di Marx si potrebbe pensare che il momento della rivolta, del cammello che getta la sua pelle, potrebbe vagamente accostarsi a quello della lotta di classe e della rivoluzione: la critica dei mali della borghesia, l’alienazione, la reificazione, l’espropriazione della dignità del lavoratore, potrebbero essere, sono punti di contatto, ma tutto finisce lì. Nietzsche è spietato contro il socialismo, che teorizza una società di falsamente uguali, convinto com’è che gli uomini siano diversi. A suo parere il socialismo continuerebbe a riprodurre quella società di uomini depotenziati, erosi dal volere in ogni caso condannare chi è migliore di loro, cioè “il tripudio dei mediocri”, pronti ad eliminare chi vuole uscire da questa mediocrità. E qui entriamo nel campo spinato del pensiero “aristocratico” nicciano, che è stato malamente manipolato, ma che presta il fianco alle interpretazioni di destra. Fuori da tutto questo resta il momento così tenero in cui Nietzsche vede a Torino stramazzare un cavallo a causa delle frustate del suo vetturino, gli si avvicina e lo abbraccia. Da quel momento inizia una notte durata dieci anni, con l’arresto per disturbo alla pubblica quiete, e con il suo internamento in varie cliniche per il trattamento della demenza. Quello che è stato uno dei più grandi cervelli nella storia del pensiero, si dissolve nel nulla di trattamenti medici che ben poco si occupavano del recupero delle attività e delle capacità del paziente, ma lo riempivano di farmaci e di droghe per metterlo in condizione di non nuocere. Non è stato mai studiato quanto i trattamenti applicati potessero spegnere le attività intellettive. Ecco, quello dei trattamenti neurologici, dei farmaci usati, delle cure nelle varie cliniche, delle fasi di soggiorno presso la sorella Elizabeth è un capitolo che potrebbe essere il titolo di un attento studio: “la notte di Nietzsche”.