L’attuale fase storica e il cambiamento possibile  (S. Vitale)

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Con la fine del secolo scorso è cambiata la fase storica. Le strutture , le analisi, le speranze per una società migliore e con una più dignitosa distribuzione delle ricchezze, sono tramontate, naufragate e stritolate dai meccanismi di produzione del capitalismo e dalle mafie di cui sono espressione, il concetto di lotta di classe è sparito, il cellulare ha vinto sui rapporti sociali, attorno a ogni individuo è stata circoscritta una bolla mediatica oltre la quale tutto è sbagliato, anzi addirittura è stato cancellato l’oltre, non c’è niente. Sul mondo del lavoro tutto è chiaro: il possesso dei mezzi di produzione è ormai diventato un’autostrada libera per il capitalismo non solo industriale e commerciale in genere, con relativo travaso delle ricchezze nelle tasche di pochi che hanno assunto il ruolo che avevano nel medioevo i nobili e gli aristocratici: sono loro che possono consentirsi una serie di piaceri, cure, alimenti, acquisti, stili di vita, abitazioni, negati per sempre all’individuo comune: gente che in un giorno spende senza pensarci, quanto un lavoratore può guadagnare in un anno, con disinvoltura e indifferenza ai problemi che interessano l’umanità,  a parte qualche elemosina umanitaria di qualche magnate. Sul campo politico la capacità di fare opposizione e di costruirla è stata  ottusa, bloccata dal possesso dei mezzi d’informazione, che a lungo andare ha del tutto eroso la capacità di “fare controinformazione” offrire notizie nuove e ignorate, specchi su migrazioni ed emigrazioni, su insufficienze sanitarie, su quelle delle strutture scolastiche, sulle condizioni di povertà, sui salari da sopravvivenza: in pratica sulla voglia di costruire l’opposizione, la resa alla condizione di inevitabilità con cui rapportarsi con la civiltà e godere il poco che ti sei conquistato, rispetto al molto che hai dato. Si va quindi , assieme alla concentrazione delle ricchezze, all’inevitabilità  della fine delle democrazie tradizionali, verso la concentrazione dei poteri nelle mani di un solo individuo, con scorta di magnati, ideologi, produttori, mafiosi, al seguito e a protezione dei vantaggi sociali posseduti. Questo è successo dopo la fine della prima guerra mondiale, ma era dopo una guerra, mentre ora sta dopo un mezzo secolo di pace “occidentale” in cui si riscopre , anzi si mette allo scoperto senza più problemi, la scelta di armi guerra da richiedere ai mercanti che le producono, di inventarsi condizioni di difesa militare inesistenti, di fornire tecnologie da guerra per la distruzione di minoranze ritenute parassitarie e minacciose in realtà in gran parte inermi e condannate all’estinzione violenta.  Naturalmente la fine di questo tipo di democrazie rappresentative non dovrebbe essere affidata solo ai costruttori di falsi consensi,  ma svilupparsi anche dall’altro lato della medaglia, quella delle vittime di questo ottuso sistema in cui a ogni cittadino è stato fatto credere di essere uguale all’altro. Non c’è uguaglianza in nessun senso, a parte quella giuridica e neanche quella viene rispettata.

trasferimentoCi vorrebbe Marx a reinventare un modo di opporre una risposta a quanto sta succedendo: resta comunque la sua lucidità d’analisi , il suo appello “proletari di tutto il mondo, unitevi” oggi non solo proletari, ma disoccupati, sfruttati, emarginati, sopravvissuti e sopravviventi con l’obiettivo, non più solo morbido e inefficace con cui ci hanno insegnato a muoverci, ma con soluzioni rivoluzionarie dure e decise, evitando o cercando di andare oltre l’emarginazione informativa con cui sono relegate le minoranze ribelli. Occorrerebbe anche il possesso di uno strumento di comunicazione politica, una sorta di “radio della nuova resistenza” o di “radio Aut”, televisione, sistema di comunicazione, che al momento è del tutto assente, come lo è stato sempre. Non si intravedono prospettive a che l’opposizione parlamentare, chiusa o arroccata nelle mura istituzionali, sempre più lontana, soprattutto fisicamente, possa trovare soluzioni al problema, perchè la strada è nell’alzare il tiro del fare opposizione in modo più deciso, se occorre più violento, rispetto alla violenza che ci riversano addosso e di cui sono capaci i neofascisti al potere, e quindi costruire l’alba di un sistema diverso, di  una nuova resistenza che alteri e cambi radicalmente i modelli con cui si è trasmessa sino ad oggi la storia dei rapporti sociali. A cominciare dal sapersi riconoscere in un iniziale “Ora basta” e sapersi quindi attrezzare

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