LA NOTTE DI NIETZSCHE (Salvo Vitale)

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images (3)Il decennio in cui Nietzsche era vivo, ma è come se fosse stato già morto è un capitolo, se si vuole un bosco, tutto da esplorare. Sono dieci anni di vita interamente cancellati. Ho raccolto su Internet  e su qualche altra fonte alcune notizie, di cui non mi è noto l’autore e pertanto mi rammarico di non averlo citato. Molto mirato e ricco di spunti, ma anche di indicazioni bibliografiche è il saggio di Andrea Cortellessa, pubblicato sul sito GNAMC (Galleria Nazionale), del quale ho riportato qualche passaggio. La ricerca ci mette davanti a una serie infinita di diagnosi, da cui non appare nessuna vera causa della malattia

 

Buona parte della ricerca intende dare uno sguardo a due problemi di fondo:

Nietzsche era già pazzo prima di diventarlo?

Era pazzo quando scrisse le sue ultime opere?

Esiste un rapporto tra la sua follia e quello che ha scritto?

La risposta a queste domande è nei suoi capolavori scritti, la cui elaborazione e stesura fu fatta in una lotta costante contro una serie di malattie di cui era affetto. Esistono parecchie stravaganze negli ultimi scritti di Nietzsche, senza che queste possano arrecare alcun nocumento alla sua opera. Non era pazzo, se essere pazzi vuol dire qualcosa.

La vera domanda è: nei dieci anni in cui è stato sbattuto in cliniche e manicomi, possibile non avesse momenti di lucidità, se non di produzione scritta? Non c’è stato nulla, come sembra improbabile, oppure è tutto scomparso perché non ritenuto idoneo alle idee di chi gli stava vicino o risucchiato dall’ignoranza e dalla imbecillità di chi gli stava vicino?

Qual è il ruolo di Elizabeth Foster Nietzsche e di Peter Gast nella manipolazione degli appunti sulla “La volontà di potenza”? E quali sono state le distorsioni del pensiero di Nietzsche portate avanti da Elizabeth in rapporto alle sue idee prima fortemente antisemite e poi filonaziste, anche grazie ai contributi economici offerti da Hitler?

Nel 1893 a Naumburg  Elizabeth creò il Nietzsche-Archiv, realizzando un punto di riferimento per tutti coloro che erano attratti dalla fama ormai diffusa delle idee del fratello. Siamo a tre anni dalla “follia” di Nietzsche, il quale prima del 3 gennaio aveva già terminato di scrivere i “Ditirambi di Dioniso”. Esistono, di questo periodo le sue ultime cose scritte, che qualcuno ha chiamato “Biglietti della pazzia” ad amici, regnanti politici, a Cosima Wagner, suo grande e incompiuto amore e a Burckhart (6 gennaio), il quale preoccupato ne informa Overbeck che si precipita a Torino per trasferirlo a Basilea. Il resto è notte.

Qualcuno ha tirato fuori frasi di Nietzsche per avvalorare l’ipotesi che egli avesse avvertito nella sua  follia la morte della sua coscienza. Qualche altro ha ipotizzato che egli si fosse reso conto dei mali e della stupidità del mondo e avesse rifiutato di continuare a viverci, creandosi un suo mondo fantastico, ovvero la sua follia.

Il problema è importante perché esiste sempre l’ignorante che non esita a catalogare gli scritti di una delle più brillanti menti della seconda metà del secolo scorso o dei suoi scritti come quelli di un pazzo e le sue analisi filosofiche come elaborazioni demenziali, se non, addirittura, filonaziste,   scritte 40 anni prima della nascita del nazismo: la peggiore offesa che gli si possa fare e che è fatta soprattutto da coloro che non hanno mai letto compiutamente un’opera di Nietzsche. Contro l’ignoranza non si può contrastare.

Secondo alcuni, la concausa che lo spinse al crollo fu l’enorme sforzo creativo cui si sottopose negli anni precedenti, nonostante la salute che si stava deteriorando, ma si parla di “concausa”, perché la vera causa dei demoni che egli si trovò ad affrontare nel suo decennio di follia non è stata mai chiarita, è rimasta ad oggi senza una completa spiegazione, né dall’aspetto medico né da un’analisi criticamente patologica dei suoi scritti,

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Domande

Ecco una delle tante domande senza ferma risposta: la pazzia di Nietzsche era totale, oppure esistevano momenti di coscienza in cui lui tornava ad essere  il grande intellettuale del passato?

Tre cose mi hanno colpito nel bollettino medico riportato dai medici di Basilea:

17 giugno: “Si perde in giochi di parole.” Non so cosa ci possa essere di patetico nel perdersi in giochi di parole: io stesso lo faccio spesso per divertirmi da un lato e perché considero la parola un’illusorio modo  con cui giocare per distruggere significati prestabiliti e obbligatori.

18 giugno: “Parla brontolando, molto articolato, a volte molto patetico.” Non riesco a vedere anche qua cosa ci sia di patologico, soprattutto se il suo linguaggio è “molto articolato”. E nella coscienza della sua condizione, che non può non essere patetica. Peccato non sia stato appuntato che cosa Nietzsche abbia detto in questa occasione.

27 agosto: “Quando oggi ha perso il suo taccuino ha detto “è andato in pensione di sua propria mano”. Quindi Nietzsche possedeva un taccuino, di cui non si è più saputo niente.

4 settembre: “A tratti chiara coscienza della malattia.”  Anche qua la chiara coscienza della sua malattia poteva impedirgli di pensare e scrivere?

5 settembre: “Chiede nuovi libri e giornali.” Uno che è pazzo non chiede libri e giornali. Per quel che se ne può dedurre Nietzsche alternava fasi di possesso delle sue doti mentali con fasi di “follia”, su cui esiste ancora oggi una oscura chiave di lettura che tuttavia non è stata documentata , non ci è stata comunicata , non sappiamo se sia stata nascosta da coloro che lo ebbero in custodia.

 

 imagesLe malattie

Nietzsche soffrì di un grave deterioramento mentale e fisico, che alcuni studiosi attribuiscono a una malattia neurologica. Si ipotizza che potesse trattarsi di un tumore cerebrale, di una forma di demenza ereditaria o della paralisi progressiva luetica.

Ecco alcuni punti chiave sulla salute di Nietzsche:

Deterioramento mentale: A partire dal 1889, Nietzsche manifestò sintomi di una grave patologia neurologica che lo portò a un crollo mentale,

Diagnosi: Ci sono diverse ipotesi sulla sua malattia, tra cui tumore cerebrale, sindrome CADASIL (una demenza ereditaria) e paralisi progressiva luetica.

Effetto sulla sua opera: Alcuni studiosi ritengono che la malattia abbia influenzato la sua filosofia, soprattutto la sua visione pessimistica e il concetto dell’Eterno Ritorno.

Rapporto con la sua follia: Nietzsche stesso dichiarò di essere diventato pazzo, e questa idea è stata interpretata come una consapevolezza della sua malattia mentale.

Polmonite: Un’altra ipotesi sulla causa della sua morte è la polmonite.

Condizioni oculari: Nietzsche soffriva anche di problemi oculari che gli erano stati diagnosticati nel 1876. Già dalla tenera età, infatti, l’uomo soffrì di tremende emicranie ed ebbe grandi problemi alla vista. A soli trentaquattro anni era quasi completamente cieco dall’occhio destro. Intorno ai trentotto cominciò a mostrare sintomi depressivi con idee di suicidio e pochi anni più tardi affermò di essere costantemente depresso. Nel 1888 ebbe un vero e proprio esaurimento nervoso accompagnato da evidenti allucinazioni. A questo episodio seguì un repentino declino cognitivo e nel 1889 , a soli quarantacinque anni, fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, dove gli fu diagnosticata una “demenza paralitica”.

Quest’ultima, conosciuta anche come paresi generale dell’insano (GPI) è una malattia che probabilmente era causata dalla sifilide e, con molte probabilità, al giorno d’oggi è completamente scomparsa.

Tuttavia, uno studio del 2008 del Dipartimento di Neurologia dell’Università di Gent, in Belgio, esclude che Nietzsche avesse contratto la sifilide e ipotizza, invece, che egli soffrisse di una sindrome neurologica nota come “arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia” (CADASIL).

Durante tutta la sua vita, Nietzsche soffrì ripetutamente di diversi e frequenti mali: cefalee, emicranie, disturbi psichici, difficoltà visive riconducibili forse alla miopia, acuiti successivamente col crollo del 1889. In particolare, tutti questi mali fecero una loro comparsa molto precoce per il filosofo, che già a nove anni cominciò a soffrire i mal di testa, i quali si presentavano duraturi e frequenti, nonché accompagnati dalla fotofobia. I problemi visivi, invece, iniziò a ravvisarli già dal 1856 quando, dodicenne, scrisse da Pforta a sua madre di pessime condizioni visive. Si accertò (in ben tre occasioni un’anisocoria della pupilla destra, probabile causa dei dolori visivi di Nietzsche.

Quanto a una possibile depressione sofferta da Nietzsche, si può risalire a determinati sintomi di tale disturbo dal suo carteggio e dalle sue annotazioni: in particolare dopo il 1882 (anno in cui iniziò il lungo, forse mai terminato periodo di solitudine di Nietzsche) iniziò ad assumere diversi comportamenti forse rivelatori di un disturbo depressivo: molte delle sue lettere alle poche persone rimastegli evidenziavano un rimarcare delle fratture relazionali passate e nel 1887 arrivò a descrivere il suo animo come una perenne depressione.

 

Invece, sulla tanto discussa follia di Nietzsche si formularono più ipotesi: si giunse anche a notare come una forma di follia percorresse la mente di Nietzsche già prima del crollo a Torino del 1889: nel 1883, ad esempio, quando descrisse la sua stessa condizione mentale come malsana, oppure nel 1884, quando documentò una sua allucinazione visiva. Forse il 1889 fu solo il culmine di tale crisi, e dopo che Nietzsche non poté più prendersi cura di sé venne affidato alla clinica prima di Basilea, e poi di Jena. Dapprima a Basilea gli fu diagnosticata la demenza, poi a Jena il dottor Binswanger riconfermò la diagnosi, precisandola come paralisi progressiva. In seguito, quando la madre Franziska lo portò sotto le sue cure a Naumburg, Nietzsche ebbe anche casi di amnesia, apatia, aggressività, disturbi comportamentali e bipolari, regressione e prosopagnosia. Verso il 1899, Nietzsche cominciò a soffrire, nel pieno della sua follia, di anartria e di paresi facciali, tutte questioni acuite da acuti attacchi cerebrali, prima di morire nel 1900, per una polmonite

 

Annotazioni e sintomi da parte dei suoi medici curanti al momento del ricovero al manicomio di Jena, nel quale rimase dal 18 gennaio 1889 fino al 24 marzo 1890.:

 

“Non sa dove si trova, a volte crede di essere a Naunburg, a volte a Torino.”

“Gesticola e parla incessantemente con tono affettato e parole enfatiche, a volte in italiano, a volte in francese. Colpisce il fatto che nonostante il tempo passato in Italia, spesso sbaglia o non conosce affatto le parole più semplici delle frasi che dice in Italiano.”

Calendario con le annotazioni giornaliere sulla cartella clinica:

18 maggio: Spesso grida in modo inarticolato.

10 giugno: All’improvviso infrange una finestra.

11 giugno: Crede che il sorvegliante capo sia Bismarck.

16 giugno: Chiede spesso aiuto contro torture notturne.

17 giugno: Fa movimenti ginnici, spesso si tiene stretto il naso per ore. Si perde in giochi di parole.

18 giugno: Parla brontolando, molto articolato, a volte molto patetico.

2 luglio: Urina nel suo bicchiere.

4 luglio: Rompe un bicchiere “per proteggere con schegge il mio accesso”.

9 luglio: Fa capriole e smorfie.

14 luglio: Imbrattato di escrementi.

16 luglio: Imbrattato di escrementi.

18 luglio: Cosparso di urina.

23 luglio: “Sono stupido all’anca”.

3 agosto: Si lamenta di “tensione al petto”e atrofia generale. Fame intensissima.

6 agosto: Una gamba spalmata di escrementi.

10 agosto: Scompisciato.

14 agosto: Di nuovo molto rumoroso. Ha nuovamente bevuto urina. Motiva i suoi schiamazzi con dolori di testa al lato destro.

16 agosto: Improvvisamente ha spaccato alcuni vetri. Afferma di avere visto attraverso la finestra la canna di un fucile.

20 agosto: Infila nel cassetto del tavolo escrementi avvolti nella carta.

27 agosto: Quando oggi ha perso il suo taccuino ha detto “è andato in pensione di sua propria mano”.

4 settembre: A tratti chiara coscienza della malattia.

5 settembre: Chiede nuovi libri e giornali. Sostiene di avere sofferto fino ai 17 anni di stati epilettici.

7 settembre: Si corica quasi sempre sul pavimento, a lato del letto.

9 settembre: Oggi sostiene di essere a Torino. Altrimenti non sa dove si trova.

10 settembre: Di nuovo bevuto urina.

1 ottobre: In complesso chiara remissione.

21 novembre: “Ho mal di testa, tanto che non posso né camminare né vedere”.

2 dicembre: Afferma di avere “visto nella notte donnine completamente pazze”.

14 dicembre: Beve acqua di sciacquatura.

Il presunto miglioramento di Nietzsche era comunque dovuto al pesante trattamento farmacologico con calmanti e sonniferi, simile alle terapie moderne con psicofarmaci, che, seppur riducendo i suoi stati d’ira, lo limitavano ad un immobile torpore.

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Durante tutta la sua vita, Nietzsche soffrì ripetutamente di diversi e frequenti mali: cefalee, emicranie, disturbi psichici, difficoltà visive riconducibili forse alla miopia, acuiti successivamente col crollo del 1889. In particolare, tutti questi mali fecero una loro comparsa molto precoce per il filosofo, che già a nove anni cominciò a soffrire i mal di testa, i quali si presentavano duraturi e frequenti, nonché accompagnati dalla fotofobia. I problemi visivi, invece, iniziò a ravvisarli già dal 1856 quando, dodicenne, scrisse da Pforta a sua madre di pessime condizioni visive]. Si accertò (in ben tre occasione) un’anisocoria della pupilla destra, probabile causa dei dolori visivi di Nietzsche.

 

Invece, della tanto discussa follia di Nietzsche si formularono più ipotesi: si giunse anche a notare come una forma di follia percorresse la mente di Nietzsche già prima del crollo a Torino del 1889: nel 1883, ad esempio, quando descrisse la sua stessa condizione mentale come malsana, oppure nel 1884, quando documentò una sua allucinazione visiva. Forse il 1889 fu solo il culmine di tale crisi, e dopo che Nietzsche non poté più prendersi cura di sé venne affidato alla clinica prima di Basilea, e poi di Jena. Dapprima a Basilea gli fu diagnosticata la demenza, poi a Jena il dottor Binswanger riconfermò la diagnosi, precisandola come paralisi progressiva. In seguito, quando la madre Franziska lo portò sotto le sue cure a Naumburg, Nietzsche ebbe anche casi di amnesia, apatia, aggressività, disturbi comportamentali e bipolari, regressione e prosopagnosia. Verso il 1899, Nietzsche cominciò a soffrire, nel pieno della sua follia, di anartria e di paresi facciali, tutte questioni acuite da acuti attacchi cerebrali, prima di morire nel 1901.

Il dottor Otto Binswanger quando tenne in cura Nietzsche a Jena in quanto esperto di paraplegia, gli diagnosticò la sifilide, forse erroneamente, dando così inizio ad una lunga serie di dibattiti medici circa l’autentica causa della follia del filosofo. Per un lungo periodo, si accreditò come causa della follia di Nietzsche una possibile sifilide o neurosifilide, tanto che Leonard Sax, medico e psicologo, stilò un articolo considerando tale probabilità ed esaminando i pro e i contra. Partendo dal soggiorno torinese, Sax riporta i primi segni di follia in Nietzsche, culminati infine con il pieno crollo del 3 gennaio 1889.

 

Giunto a Jena in stato apatico, dove la madre poté permettere per il figlio solo un trattamento medico secondario, a Nietzsche fu diagnosticata la sifilide dal dottor Binswanger, (sic!) il quale tuttavia rimase sorpreso dall’assenza di tremori da parte del filosofo, che contraddistinguevano tale malattia. L’ipotesi fu poi mantenuta dagli allievi della diagnosi di Binswanger, i quali sottolinearono anche una scarsa reattività della pupilla destra alla luce e il progredirsi della demenza da parte di lui. Ciononostante, l’inefficienza della pupilla destra alla luce è da spiegarsi con la miopia di Nietzsche, accertata già quando egli aveva cinque anni, e in più, da quando fu trentenne divenne anche cieco a tale pupilla.

 

Un’altra tesi a sostegno della sifilide come causa del declino psicofisico del filosofo vide Binswanger affermare un alteramento della sua personalità, la quale divenne con il crollo psichico iperbolica, esagerata. Di fatto, tale punto iniziò a intimorire i medici interessatisi al caso Nietzsche che egli soffrisse già precedentemente e addirittura ai suoi anni universitari a Bonn di qualche disturbo psichico.

 

Circa la sifilide Leonard Sax si espresse più che altro scetticamente, non mancando però di stilare le ipotesi a suo favore; ciononostante, evidenziò anche le possibilità che vedrebbero improbabile la sifilide di Nietzsche, da rintracciarsi, ad esempio, nelle continue emicranie sofferte dal filosofo, la prima datata addirittura a quando ebbe nove anni. Inoltre, furono le sue emicranie che lo costrinsero a più momenti ad assentarsi dalla carriera accademica fino ad abbandonarla nel 1879.

 

Tuttavia, secondo Sax, una vera dimostrazione per la sifilide non esiste, sia perché è scoraggiata agli occhi di Sax dal fatto che Nietzsche costantemente soffrì di tali emicranie (le quali caratterizzano un’infezione sifilitica per poco tempo, al contrario del lungo periodo in cui Nietzsche le ebbe, sia perché in conclusione non esiste una vera documentazione, medica o biografica, tale per cui si possa sostenere che Nietzsche abbia avuto tale malattia.

 

Se Sax attribuisce come causa scatenante della follia del filosofo un meningioma della pupilla destra, altri medici scettici circa l’ipotesi sifilitica propongono un caso di disturbo depressivo, al contrario di una causa propriamente fisiologica. Infine, vi è anche un’ipotesi di demenza del lobo frontale, la quale è tuttavia estensivamente screditata in quanto sembri non osservare correttamente la storia medica della famiglia Nietzsche; mentre un’altra ipotesi ancora vorrebbe che Nietzsche fosse malato di CADASIL

 

Ipotesi sulle cause:

Tumore cerebrale: La Galleria Nazionale ipotizza che Nietzsche potesse avere un tumore cerebrale a lenta progressione.

Paralisi progressiva luetica: Alcuni studiosi pensano che la sua condizione fosse dovuta a una paralisi progressiva luetica.

Sindrome CADASIL: Sempre per ipotesi della  Galleria Nazionale  si suggerisce  la sindrome CADASIL, un acronimo di acronimo di “Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy”,  una malattia genetica ereditaria che colpisce i piccoli vasi sanguigni del cervello. È caratterizzata da ictus ricorrenti, emicrania con aura, disturbi cognitivi e, in alcuni casi, sintomi psichiatrici.

Psicosi maniaco-depressiva: Un altro approccio vede Nietzsche come affetto da psicosi maniaco-depressiva.

 

Effetto sulla sua opera:

Alcuni considerano la sua opera come il frutto di una mente malata.

Importanti periodi di malattia:

Nel 1876 gli fu concesso un anno in malattia per le sue condizioni oculari.

Rappresentazione della follia:

«Non ho mai vissuto un autunno simile, e neppure avevo mai ritenuto possibile una cosa del genere sulla terra – un Claude Lorrain prolungato all’infinito, ogni giorno di una uguale indomabile perfezione». Così scrive Friedrich Nietzsche in Ecce homo. Come si diventa ciò che si è, poco prima della terribile crisi del 3 gennaio 1889 quando, col famigerato abbraccio al cavallo di Piazza Carignano, raggiunse il suo destino: ossia ciò che sarà sino alla morte, undici anni dopo, al picco dell’estate 1900. Sono proprio questi undici anni di buio a sollevare molti interrogativi:

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Note di Andrea Cortellessa

“È lo stesso Nietzsche a istituire un nesso tra fisiologia e pensiero, cioè fra malattia e salute, spiegando in questi termini la «rivelazione» dell’incontro con Zarathustra: «bisogna in primo luogo aver chiaro il suo presupposto fisiologico: che è ciò che io chiamo la grande salute». In uno degli ultimi testi raccolti in Critica e clinica – prima del gesto col quale mise fine all’atrofia polmonare che gli rendeva la vita impossibile – scrisse Gilles Deleuze che «lo scrittore in quanto tale non è malato, ma piuttosto medico, medico di se stesso e del mondo»: è proprio in quanto «il mondo è l’insieme dei sintomi di una malattia che coincide con l’uomo» che «la letteratura appare allora come un’impresa di salute». Con la medesima ambivalenza che nel «caso Nietzsche»: «non che lo scrittore abbia necessariamente una salute vigorosa»; la sua è piuttosto «un’irresistibile salute precaria». Una condizione «il cui passaggio lo sfinisce, ma gli apre dei divenire che una buona salute dominante renderebbe impossibili………. Il filosofo – aveva scritto in “Umano, troppo umano” – deve maturare una «grande separazione» che si produce «improvvisa, come una scossa di terremoto»; e che Nietzsche equipara a «una malattia che può distruggere l’uomo». Sicché «la via per giungere fino a quell’enorme, straripante sicurezza e salute […] non può fare a meno della malattia stessa, come di un mezzo e amo di conoscenza». Fra l’una e l’altra, «lunghi anni di convalescenza»: per cui è «saggezza di vita, somministrarsi per lungo tempo la salute stessa solo a piccole dosi……

In quello che qualcuno crede sia il suo capolavoro, “L’aurora”, l’aforisma della conoscenza di colui che soffre sembra richiamare il tanto amato-odiato Pascal e il suo « buon uso delle malattie»: «colui che soffre profondamente vede dalla sua condizione, con una terribile freddezza, le cose al di fuori», e ne ricava «una atroce chiaroveggenza sulla propria natura». Al punto che «la più grande malattia degli uomini è nata dalla battaglia contro le loro malattie, e gli apparenti rimedi hanno generato a lungo andare qualcosa di peggio di quello che con essi doveva essere eliminato». Condizione ideale non è infatti per lui quella della salute vigorosa, come dirà Deleuze, bensì la salute precaria: quel riaccostarsi incerto alle cose del mondo che «andiamo osservando come trasmutati, dolcemente e ancor sempre stanchi. In questo stato non si può ascoltare della musica senza piangere».

 

Conclusione

In “Genealogia della morale”, scritto nel 1887, cioè appena due anni prima del suo collasso mentale, Nietzsche scrive con lucidità: “L’uomo morale non è più vicino di quello fisico al mondo intellegibile – poiché vi è un mondo intellegibile –“Questa tesi, divenuta tagliente sotto i colpi di martello della conoscenza storica (lisez: trasvalutazione di tutti i valori”), potrà forse un giorno, in qualche futuro, 1890 ! servire da scure che intaccherà alla radice il “bisogno metafisico” dell’umanità – chi saprebbe dire se sarà più a benedizione che a maledizione dell’umanità? “

La data indicata da Nietzsche sembra lucidamente intuita, ma , purtroppo per lui non si trasformò in una benedizione che avrebbe potuto portare alla costruzione di una società con valori diversi, bensì nella maledetta fine di un pensiero che auspicava di essere “dinamite” e che invece, tolto di mezzo il suo creatore e diffusore, finì con l’affievolirsi nelle sue più nobili  idee rivoluzionarie e finì per smarrirsi nelle mani di distratti  artisti o politici rapaci.

 

La tentazione di creare un parallelo con De Sade, il divin Marchese vissuto un secolo prima è fortissima; abbiamo vicende giudiziarie e sentenze che ordinano la chiusura del Marchese nel manicomio di Charleton e una serie di accuse legate a al suo” libertinaggio”, cioè a forme non ortodosse di espressione della sessualità, con una generica diagnosi di quello  che poi verrà denominato disturbo borderline di personalità e da comportamenti occasionalmente antisociali

In questo caso abbiamo un aperto tentativo con cui chi deve decidere usa il carcere come strumento repressivo: nel caso di Nietzsche sembra esser ci stata una congiura silenziosa per la cancellazione di tutto ciò che egli avrà o avrebbe potuto scrivere nei giorni di lucidità tra un attacco di nervi e un altro. E comunque è sempre una forma di censura con chi cerca di rompere le regole del gioco. E concludo con la precisa coscienza che chi ha le competenze può facilmente smantellare ufficialmente questo mio cattivo sospetto, ma non eliminare del tutto il sospetto.

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