La contaminazione (tra poesia e preghiera)

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Se c’è qualcosa che ancora è difficile da condividere, da parte di chi ha scelto il razionalismo illuministico come chiave di lettura del mondo, come Weltanshaung,  è la pervasività delle credenze religiose che si riflette su tutto, dalla toponomastica, ai nomi degli alimenti, a quelli delle persone, dei luoghi, in particolare degli ospedali, degli animali, ecc. E va bene, la storia è andata avanti così e non si può tornare indietro. Il cristianesimo è stato in grado di imporre i suoi valori e, in certi momenti storici anche con l’uso della violenza per realizzarli: dove la resistenza ad accogliere la cristianizzazione era troppo forte, è stata realizzata una sorta di assimilazione e trasformazione del pagano in cristiano, i saturnalia in carnevale, il sacrificio dell’agnello agli dei in grigliata nei  giorni di festa, Zeus in Deus, il vino di Bacco nella bevanda sacra che, con le opportune benedizioni, si trasforma nel sangue di Cristo, la terra sacra del cimitero , l’acqua lustrale, la benedizione, la confessione, la penitenza,  ecc. E’ un elenco infinito. Ma non è questo il problema: è quando questa pervasività diventa così intensa da trasformarsi in senso di vita,  e in bisogno di comunicare questo stato di ……difficile trovare il vocabolo, di sovraeccitazione, di convincimento, di sbronza ideologica che diventa missione con caratteristiche e intensità maggiori di quelle di coloro che tali credenze ufficialmente rappresentano, dai sacerdoti al papa. Particolarmente motivati, in questo imperativo mistico, di nuovi crociati sono i testimoni di Geova, i Pentacostali, i Catecumeni e le altre tante famiglie di dissidenti dalla Chiesa ufficiale, che ritengono abbia bisogno di ritornare agli originali valori cristiani.

Se è vero che, in passato, ma anche nel nostro tempo, questo afflato si è trasformato in arte, o per spontanea creazione dell’artista o per una cospicua somma offerta da chi commissiona l’opera, mi viene sempre difficile accettare che una preghiera possa trasformarsi in poesia e viceversa. E’ un mio problema, lo so.  La poesia è mito, è capacità di elaborazione artistica con un gioco di parole, è significato, idea, amore, dolore, ma non dovrebbe essere religione, anche se in essa vi si trovano questi elementi. Si va a pregare in chiesa, o in qualunque posto religioso in cui si possono dire e fare preghiere, ma senza la propellente idea di trasformare il tutto in poesia da dar da bere agli altri. Insomma, o si fa poesia o si fa preghiera. Lo so, è un ragionamento fazioso e personale, che può fare irritare chi con uno Stabat mater pensa di fare poesia e pregare, ma la cosa non mi convince tanto quanto non lo sia l’insegnamento della religione cattolica a scuola, in un luogo che non è quello naturale della religione, che è la chiesa, il tempio. E’ quello il luogo della preghiera-poesia. Dopo di ciò è vero, è tardi per riscrivere la storia e liberarla dal vessillo bianconero della metafisica, ma non è mai troppo tardi per liberarsi da questa zavorra, almeno quando si crede di essere poeti. E siccome queste sono le categorie, le regole, gli schemi, gli sfoghi ecc., che si usano regolarmente, si può arrivare al compromesso di catalogazione del sacro in scaffali: la musica sacra, l’arte sacra, la poesia sacra. Ma forse “sacro “ è un termine troppo raffinato per certe mistiche elevazioni, quindi  useremo il termine “religiosa” per la musica, la poesia e l’arte. Il “Cantico dei cantici” anche se sta nella bibbia non è una poesia religiosa, mentre lo è il francescano, dolce “Laudato sii…”, come lo sono certe ardenti espressioni amorose di Santa Teresa di Avila. Senza la pretesa di mescolare sacro e profano. Perché può sembrare che “il sacro” sia più importante del “profano”, Ma sarebbe come dire che “L’infinito” di Leopardi è una seconda scelta rispetto all’Avemaria. Siamo su due piani tra i quali non è facile trovare la sintesi, lo ammetto, ma almeno su una cosa insisto: la poesia non è preghiera. La preghiera si fa in chiesa o in casa e dio, gli angeli, la madonna, i santi vanno rispettati per la loro storia, senza la pretesa di farli diventare protagonisti delle proprie effusioni religiose.

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