GIANCARLO SIANI: RICORDARE NON È FARE MEMORIA

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Pubblico con tutto il cuore questo comunicato della casa Editrice IOD di Napoli, in un certo senso custode dell’immagine e degli scritti di Giancarlo Siani. Il parallelismo con Peppino Impastato è quasi naturale. Stessa voglia di entrare nella notizia, di coglierne gli aspetti soggetti e manipolazione, di cercare la forma espressiva più semplice per arrivare a un pubblico comune. E anche nel caso di Peppino si sono verificati capovolgimenti dell’immagine, cancellazione delle idee e della sua capacità di incidere sulla realtà. Ringrazio la casa editrice IOD per avermi dato la possibilità di svelare l’ipocrisia che sta dietro certi comportamenti  e la cattiveria nell’infierire non contro il potere, la mafia o il nemico di classe, ma contro chi invece ha messo in gioco la propria vita per diffondere non solo la memoria, ma anche le idee e i metodi di Peppino. (S.V.)
C’è una differenza profonda, e spesso ipocrita, tra ricordare e fare memoria. L’articolo del Mattino dell’11 giugno di Antonio Menna celebra i quarant’anni dal coraggio di Giancarlo Siani, ma lo fa restando in superficie, nella liturgia del ricordo, nella retorica delle commemorazioni. Ancora una volta, si elude la sostanza viva e disarmante della sua eredità.
Giancarlo viene ricordato, ma non viene ascoltato. I suoi articoli, le sue inchieste, il suo sguardo radicale e inquieto sulla realtà restano fuori dal discorso pubblico. Nessuna traccia del suo amore per la verità, della sua fede nella non violenza, della sua idea di giornalismo come missione civile, come azione pedagogica verso i più giovani. Nessuna riflessione sul fatto che quei suoi articoli potrebbero oggi parlare alle nuove generazioni, alle periferie, alle scuole, ai bambini delle guerre di oggi – come quelli di Gaza.
Giancarlo Siani non è solo un martire, è un pensatore. Un giornalista scalzo, che camminava tra la gente e scriveva per cambiare il mondo.
Non possiamo accettare che la sua figura sia usata come simbolo senza dare spazio alle sue parole. Finché i suoi articoli resteranno fuori dai libri scolastici, dalle aule universitarie, dai percorsi educativi, la memoria sarà solo un rituale vuoto. Un alibi per chi ha costruito narrazioni su una morte, ma non ha avuto il coraggio di seguirne la vita.
È tempo di tornare a leggere Giancarlo. Di trasformare la sua voce in una voce del presente. Di farne uno strumento per costruire Pace, Giustizia, e coscienza critica.
Tutto il resto è silenzio mascherato da memoria.
Cari giornalisti e professionisti dell’antimafia, ricordatevi che Giancarlo Siani ha lasciato una lezione indelebile, che nessuno può omettere: il giornalismo non è solo racconto, è ricerca di verità, è impegno civile.

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