“Caro Miccichè, la Sicilia è a pezzi: perché aumentare stipendi già d’oro?”

 

 

Caro onorevole Miccichè, abbiamo apprezzato il discorso pronunziato nel giorno del suo insediamento a presidente dell’Assemblea Regionale; soprattutto condividiamo con lei il desiderio di una Sicilia bellissima, per sviluppo e trasparenza, un sogno alla cui realizzazione vorremmo tutti contribuire.

Ma ci risulta fortemente imbarazzante il passaggio nel quale lei afferma: «Sono assolutamente contrario al taglio degli stipendi alti, ma da tempo il mondo ha dichiarato fallito il marxismo: non tutti gli stipendi possono essere uguali, non tutto il lavoro è uguale»; sottointendendo che va data rilevanza a meriti e responsabilità diversi (se comprendiamo bene il testo).

Noi personalmente avremmo preferito focalizzare l’attenzione sui bisogni e i diritti fondamentali di tutti i siciliani, senza dare precedenza a quelli acquisiti dal personale regionale; comunque, se proprio vogliamo parlare di merito, ci chiediamo quale merito ha maturato l’amministrazione regionale (governo e parlamento siciliano) nella sua storia: la Sicilia è tra le ultime regioni per il livello di occupazione e per la qualità delle infrastrutture (ferrovie, strade, collegamenti…), con la pesante compromissione del turismo; presenta gravi inefficienze nel servizio ospedaliero (con particolari criticità nei pronto soccorso), spingendo molta gente a cercare cure fuori dall’Isola; in Sicilia, tante terre sono in stato di abbandono, non solo per il mancato ricambio generazionale ma anche per la mancanza di una progettualità per lo sviluppo autentico dell’agricoltura, salvo poche coraggiose iniziative; bassi sono i risultati conseguiti nella qualità della vita, tanto più che in diverse città ancora oggi non si riesce a risolvere il problema della raccolta dei rifiuti. Visti i risultati dovremmo parlare di demerito e addirittura, ma è solo una provocazione, dovremmo parlare di restituzione di stipendi e di premi assegnati.

E poi, ci chiediamo: è proprio vero che nei posti di responsabilità le persone siano state scelte per competenza e professionalità, e non per appartenenza clientelare, mentre tanti giovani plurilaureati, per farsi apprezzare devono andare fuori dalla Sicilia?

Inoltre, se proprio vogliamo parlare di merito, c’è la difficoltà di scegliere a chi dare la precedenza; pensiamo allo stuolo di insegnanti che giorno dopo giorno (soprattutto nei quartieri popolari) si trovano a portare avanti i ragazzi in mezzo a tante difficoltà e qualche volta con rischio personale; pensiamo a tutte le persone impegnate in lavori umili e anonimi, dalla pulizia delle strade alla guida degli autobus, a tante persone che fanno i turni di notte; pensiamo al personale ospedaliero che, spesso in condizioni veramente precarie, porta avanti la responsabilità di salvaguardare la vita dei malati; pensiamo agli stessi impiegati del servizio pubblico che dietro gli sportelli debbono far fronte alle esigenze della gente; e come non ricordare i piccoli e medi imprenditori che, spesso schiacciati dalle tasse e da una concorrenza spietata, sono costretti ad abbassare la saracinesca vivendo tristemente in solitudine personale e familiare la propria sconfitta.

Cosa possiamo rispondere a tanti anziani che vivono con una pensione tra 600/800 euro; a tanti giovani dei call center che si debbono accontentare di 1000 euro (o spesso anche di meno!): ai lavoratori comuni che debbono sbarcare il lunario con 1.200 euro mensili quando a certi impiegati pubblici e alla stessa classe politica vengono garantiti dai 100.000 ai 400.000 euro l’anno? Non sarebbe giusto che ci fosse una certa eguaglianza/perequazione (o almeno una distanza minima) tra gli stipendi? Quel passaggio del suo discorso fa insinuare in noi il sospetto che tante volte la classe politica e l’alta burocrazia (nonostante la buona volontà di alcuni singoli) non sembra promuovere il bene comune e in comune tra tutti i cittadini; piuttosto, sembra promuovere prevalentemente se stessa. Con quanto detto, non intendiamo puntare il dito contro qualcuno in particolare e siamo consapevoli che nel sistema dell’amministrazione regionale si sono stratificate condizioni di vantaggio, se non proprio di privilegio che offendono il lavoro quotidiano dei lavoratori comuni. Mentre le auguriamo un buon lavoro, ci consenta di dirle che quel passaggio del suo discorso i siciliani non se lo meritano!

 

di Don Cosimo Scordato e don Francesco Romano—

Giornale di Sicilia 21 Dicembre 2017

Seguimi su Facebook