Società liquida e liquidazione della società (Elio Camilleri)

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C’ era una volta un sistema valoriale etico, religioso e politico che adesso pare che si sia progressivamente “liquefatto” pur in modalità spaziali e temporali  diversificate in questo mondo globalizzato. Bauman, nel suo saggio sulla “società liquida” spiega che i primi riferimenti a venir meno,  a “liquefarsi” sono stati quelli di tipo etico e, nello stesso tempo, altri di tipo religioso.

Nella così detta modernità, inoltre,  i contenuti di natura economica avevano preso il sopravvento e la catena di montaggio di memoria fordiana era diventata quanto di più solido si potesse immaginare. Ma essa produsse il panotticon cioè un sistema di sorveglianza e di controllo dei ritmi di lavoro assolutamente rigoroso.

Nella società postmoderna la sorveglianza si è liquefatta e si è estesa sui versanti della politica, del consumo del tempo e delle altre manifestazioni ed esigenze delle donne e degli uomini di questo mondo e di questa nuova postmodernità sempre più liquida.

Una questione particolarmente importante è ora quella dei rapporti tra individuo e stato: la liquidità del rapporto induce ad una concezione sempre  più flessibile dell’ individuo riguardo ai suoi diritti e ai suoi doveri nei riguardi dello stato sì da dover ammettere che il privato ha la supremazia sul pubblico. Oggi è la sfera pubblica a dover essere difesa e protetta paradossalmente per garantire libertà e diritti alla sfera privata.   E allora la sfera privata, l’ individuo, si trova a gestire la sua autonomia e libertà in modo flessibile e tendenzialmente infinito per cogliere tutte quelle opportunità che lui stesso ha cercato e trova nel meraviglioso buffet che gli si para davanti.

Lo Stato, il pubblico, si è liquefatto  come pure la politica: in televisione hanno molta maggiore audience i talk show  rispetto ai dibattiti politici come se la politica non serve più.  Avvertire che la politica non serve induce la persona a non considerarsi cittadino, ma solamente individuo isolato e immerso nella moltitudine degli altri individui , tutti servi del nuovo e affascinante padrone di nome consumismo.

 

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Nella società moderna, ma ancora solida, il consumo era finalizzato alla soddisfazione di bisogni materiali come il cibo o come il vestiario, ma nella società postmoderna liquida il consumismo è finalizzato alla soddisfazione mai soddisfatta di desideri e di piaceri di certo non materiali, ma psicologici  significativi del carattere flessibile e certamente debole dell’ individuo postmoderno.

Tutto ciò in uno spazio esistenzialmente vuoto dove la folla c’ è ma non si vede e non si sente, dove in tale dimensione postmoderna non esiste più la successione temporale del passato, del presente e del futuro, ma dove esiste e si riproduce infinitamente il tempo presente.

Esso si frantuma in infiniti istanti, attimi irripetibili che esigono di essere vissuti intensamente e totalmente sapendo bene che esso, quell’ attimo, non tornerà più.

Viene in mente il “carpe diem” del poeta latino Orazio ed è proprio questo il comandamento, l’ imperativo morale ed esistenziale del tempo della società liquida che non calpesta uno spazio comune e che sembra di non essere più in grado di riconoscersi in comunità ovviamente solide e durature. Non si considerano utili funzionali al comunitarismo gli spazi pubblici che sono solo funzionali al passaggio delle persone che, di solito, vanno anche di fretta.

Nella società liquida di oggi dove lo spazio e il tempo sono miniaturizzati o addirittura annullati, anche il progresso ha smarrito la dimensione pubblica, statale: adesso è il progresso individuale e privato che conta, quello che magnifica un attimo e che getta l’ individuo flessibile e debole anche nell’ incertezza  del suo domani. Ecco il precariato e l’ avvento del nuovo capitalismo, quello che delocalizza e che ha preso a considerare attraente il capitale finanziario, quello che può produrre profitti, ma anche perdite, ma di sicuro mai più catene di montaggio. Le certezze e le sicurezze della società premoderna non ci sono più e noi troviamo anche difficoltà  a costruire rapporti sociali e comunitari di una certa durata  e stabilità.

Esse costituiscono, nel loro insieme, quell’ insieme definito “nazione” che, comunque, sembra adattarsi e adeguarsi meglio alle trasformazioni delle comunità, mentre lo Stato, indebolito dalle privatizzazioni, sta perdendo la funzione di rappresentazione sociale e politica dei suoi cittadini, restando tra le braccia per nulla rassicuranti dell’ aristocrazia finanziaria.

 

 

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