Ricordando Pasolini (Giuseppe Sunseri)

Paso “Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile”.

In questa frase di Pier Paolo Pasolini c’è tutto il suo amore per la vita e la premonizione della sua morte – Selene Gagliardi, 02/11/2017

Sono passati 42 anni dall’uccisione del poeta, massacrato all’idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975

Ha amato con passione, lavorato con un altissimo senso civico, scandalizzato il perbenismo borghese come pochi prima di lui e scritto con l’indignazione di chi possiede con orgoglio una morale intransigente: benché, a 42 anni dall’uccisione di Pier Paolo Pasolini, la verità giudiziaria e definitiva su chi gli abbia tolto la vita sia ancora messa in discussione, molte inchieste condotte nel corso degli anni hanno additato proprio l’indagine sui loschi affari del Belpaese che stava conducendo (parzialmente trascritta in Petrolio) come una delle cause del suo omicidio. E nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista francese Louis Valentin 5 anni prima di morire, il poeta riassume tutto il senso della sua esistenza:
“Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile”.
Amava con disperazione, è vero, e proprio la sua passione omosessuale gli è costata – in vita così come dopo quel tremendo 2 novembre del 1975 – l’allontanamento dal partito in cui credeva (il PCI), una sfilza incalcolabile di querele per atti osceni, una innumerevole serie di tentativi di censurare le sue opere, un ostracismo generale della società che ha criticato aspramente il suo messaggio e vivisezionato le sue denunce, fino al giorno del suo massacro ufficialmente avvenuto per un gioco sessuale finito male col minorenne Pino Pelosi.
In queste poche righe, il friulano autore di Salò o le 120 giornate di Sodoma parla di ferocia e di disperazione, due sue caratteristiche che lo avrebbero portato alla fine: proprio quella crudeltà inumana che si è abbattuta sul suo corpo inerme all’idroscalo di Ostia, dove Pasolini era andato insieme a Pelosi (forse per motivazioni sessuali, sì, ma forse anche perché “la rana” – questo il suo soprannome – gli aveva detto di sapere qualcosa proprio sulle pizze di Salò che gli erano state sottratte).
“Amo il sole, l’erba, la gioventù” dice Pasolini, che infatti non di rado si intratteneva con i ragazzi di borgata a giocare a pallone, che non a caso aveva tentato più volte di raccontare proprio quello strato sociale dimenticato da Dio e dalle istituzioni che sembrava senza possibilità di redenzione e che invece lui voleva celebrare, in quanto unico nucleo umano dove la vita era ancora vera, dove le passioni erano ancora cupe e pure, dove il conformismo non aveva ancora attecchito. “L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina” faceva sapere a Valentin il poeta, che non a caso nei suoi film raccontava il sesso come esperienza più profonda per l’uomo, l’unica che davvero lascia cadere ogni falsità di conformismo.
“Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile” sottolineava infine l’autore de Le ceneri di Gramsci, e l’ultima tappa che fece Pasolini prima di essere ammazzato – per ironia della sorte – fu proprio quella dal suo ristorante di fiducia, nel quartiere romano di Ostiense. Offrì un’ultima cena a Pelosi e poi gli risucchiarono la vita, è vero, ma non quel tormento di sentimenti e quello slancio di rettitudine che, a più di 40 anni di distanza, continuano a far discutere sulla sua figura. (Pubblicato su facebook da Giuseppe Sunseri)

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