RADIO AUT: Cronaca di un’esperienza (S.V.)

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1977
Cinisi, aprile ’77. Gran parte dei movimenti extraparlamentari nati nel ’68 si sono sciolti, alcuni “compagni” sono scomparsi, altri hanno fatto pericolose scelte eversive, altri riscoprono dimensioni ludiche ed esistenziali sacrificate in precedenza alle esigenze di militanza politica: è una sbronza di idee che passa dallo slogan “riprendiamoci la vita”, che ha la pretesa di definire politica qualsiasi sfera legata ai bisogni personali. Nella zona di Terrasini circolano gli hippies, che hanno la loro “Comune” nella vicina Villa Fassini, una palazzina liberty appartenuta ai Florio e abbandonata, occupata abusivamente da un gruppo di gio0vani che riescono a riabilitarla e ornarla con disegni e scritte creative: si parla di creatività, di liberazione del proprio essere in rapporto alla liberazione sessuale, di vie nuove che restringono la socializzazione e spingono verso derive di smobilitazione politica e verso chiusure individualistiche. Anche Lotta Continua si scioglie e, nella generale smobilitazione rimane in piedi il movimento di Autonomia Operaia, nelle sue varie identità legate a Negri, a Scalzone, a Piperno e con le varie teorizzazioni del sabotaggio dei mezzi di produzione o della loro appropriazione per costruire un’economia autogestita. Peppino Impastato coglie con interesse quest’ultimo sprazzo d’ideologia, a metà strada tra teoria rivoluzionaria e velleitarie prospettive di lotta armata.

Le radio libere
Nel biennio 1976-’78 c’è un grande fermento politico che alla fine si concluderà con lo scioglimento di gran parte dei movimenti extra-parlamentari di sinistra. I “duri“ di Autonomia Operaia e di Avanguardia si scontrano con i sostenitori di una linea più morbida, vicina a Lotta Continua e al PDUP: “la nostra risposta ai “soldati” della sinistra, sempre incazzati con il sistema, incapaci di vivere una realtà che non accettavano, fu l’ironia. L’obiettivo era cercare un punto di sintesi tra contenuto e creatività: credere ancora all’utopia proletaria, ma con armi innocue, surreali, sconclusionate”. (La radio diventa lo strumento di comunicazione con cui veicolare le proprie insoddisfazioni, le proprie esperienze, e, in altri casi problemi della politica e gli eventi del territorio.
Ci prova a Bologna Radio Alice, ci provano a Palermo gli indiani di Radio Apache, con ragazzi che avevano la fama di fricchettoni, spinellari, (“sì alla canna, no all’eroina”), usando la “trasgressione” nei confronti di qualsiasi aspetto di perbenismo, di moralismo antisessuale o religioso. In quel biennio a Palermo a Palermo era un pullulare di radio libere che chiusero la loro esperienza dopo le prime difficoltà: alcuni ragazzi confluirono, a Radio Sud, guidata da Ivo De Gasperi, come quelli di Radio Pal, Radio 103, e la radio degli anarchici, Radio Kappa, lasciando i loro trasmettitori all’Associazione Radicale, che si preoccupò di metterli in vendita. E’ una fase in cui Peppino e Ciccio Impastato sono a stretto contatto con un compagno di Radio Pal, Danilo Sulis, al quale Peppino ha concesso un’intervista. Con una colletta tra compagni si riesce ad acquistare il vecchio trasmettitore a valvole di 40 watt appartenuto a Radio Apache; l’antenna viene acquistata a cambiali, qualcuno mette a disposizione i piatti, il mixer e il registratore e così si dà inizio alla nuova esperienza di comunicazione radiofonica

 

Radio Aut
Il 25 aprile iniziano le prime prove di trasmissione di Radio Aut. Aut=Autonomia. La radio è ubicata a Terrasini, a un paio di chilometri da Cinisi, sia per la disponibilità di un locale, sia perché si dispone di uno spazio di diffusione più vasto. Dietro l’esperienza di Peppino c’è quella della prima radio libera italiana, nata a Partinico nel 1970 per iniziativa di Danilo Dolci, per dare voce ai “poveri cristi”, cioè alle popolazioni del Belice, costrette a vivere in condizioni bestiali, a due anni dal terremoto che aveva devastato i loro paesi il 14 gennaio 1968: quella radio trasmise per 28 ore prima di essere chiusa da un’irruzione delle forze dell’ordine cui seguì un sommario processo conclusosi con un’amnistia.
La radio “giornale di controinformazione radiodiffuso che trasmette sui 98,800 mhz” diventa un punto di riferimento e di coagulo delle conoscenze musicali del momento e la voce dell’informazione locale, attraverso la trasmissione in diretta dei Consigli Comunali, interviste sui problemi della gente del luogo, dai pescatori di Terrasini ai contadini di Cinisi, notiziari minuziosamente preparati con ampi spazi dedicati alla cronaca internazionale, nazionale, regionale, locale.

Le proposte radiofoniche di Peppino
Anche qua Peppino concede ben poco all’improvvisazione: in un documento dal titolo “Proposte d’intervento radiofonico” egli scrive: “Riteniamo che l’uso democratico di una radio si articoli per livelli differenziati e dialetticamente collegati.
Un primo livello è quello dell’INFORMAZIONE E CONTROINFORMAZIONE, che si presenta immediatamente come momento di rifiuto e di ridimensionamento dell’informazione di regime e del monopolio dell’industria del consenso (RAI, TV, stampa e mass media in genere). La notizia discende direttamente dal sociale e va riproposta, in maniera amplificata, al sociale stesso, senza filtri o interventi manipolatori. Nel caso di accesso a fonti differenziate (agenzie, notiziari ecc.) si pone un problema di rielaborazione e di verifica nel sociale. Tutto questo presuppone un uso molto ampio di registrazioni dal vivo e una notevole disponibilità di presenza politica. per quel che riguarda la selezione della notizia, il criterio di priorità viene indicato dalla collocazione che una radio si è data all’interno della dinamica dello scontro politico e di classe e delle esigenze del sociale ad emergere autonomamente. Centrale, a questo primo livello è la creazione di un forte movimento di opinione non scissa dalla crescita di ogni movimento di contropotere.
Un secondo livello è quello dell’INTERVENTO POLITICO. La radio diventa strumento diretto, come il volantino, il videotape o il megafono, dell’iniziativa di lotta e del progetto politico complessivo di una struttura di base “dislocata socialmente e territorialmente”. È questo il livello dell’agitazione politica vera e propria, dell’istigazione alla rivolta e all’organizzazione autonoma delle proprie lotte: indicazioni minime, come quelle relative all’autoriduzione, allo sciopero, all’occupazione di spazi del potere si intersecano con indicazioni di più largo respiro sull’articolazione della “trasgressione” e sulla difesa degli “spazi di contropotere delle masse”.
Il terzo livello è quello degli SPAZI AUTOGESTITI. È il livello in cui la realtà sociale si appropria dello strumento radiofonico e lo usa direttamente per allargare e difendere le “macchie liberate” e come mezzo di coordinamento delle lotte e delle iniziative di massa. Si tratta di un successivo gradino a completamento degli altri due con un’apertura di spazi e di avamposti verso le realtà locali democraticamente più avanzate. All’interno di questo terzo livello trovano possibilità di espressione realtà anche non immediatamente collegate al territorio, come “Cristiani per il socialismo”, “Amnesty International”, “CISA” ecc.: questi spazi si inseriscono a pieno titolo nel processo di crescita di un movimento di opinione democratico e di opposizione alla politica del compromesso storico.”

radio aut strumentazione

I “creativi”
Le premesse erano quelle di un forte collettivo politico di gestione dell’emittente, che doveva essere la voce di una nuova resistenza con una funzione d’informazione e di formazione di coscienze rivoluzionarie. “Quello che scrivevamo era frutto dell’idea che c’eravamo fatti dopo aver letto tutti gli articoli e non un montaggio acritico, come spesso oggi avviene in molti blog”. Ben presto il progetto si ridimensionò, dal momento che non tutti rispettavano gli orari del palinsesto, al punto che un nucleo di collaboratori, su proposta di Peppino, nel febbraio 1978 organizzò una simbolica occupazione della radio, durata quattro giorni, per protestare nei confronti di coloro che disperdevano energie in altre attività, trascurando di occuparsi della radio. C’erano anche i “creativi che non creano un cazzo”, alcuni dei quali frequentavano la Comune di Villa Fassini, con la quale c’era stato un momento d’incontro e di collaborazione, sino ad arrivare allo scontro aperto con Carlo Silvestri, principale esponente della Comune, il quale portava avanti una linea di “liberazione” della soggettività e delle sue remore, ben diversa dalla linea d’impegno politico sociale per la liberazione della Sicilia dalla mafia, su cui si batteva Radio Aut. C’era stato anche qualche attrito con i compagni del “Collettivo Antinucleare”, quasi tutti collaboratori della radio, che avevano portato in strada una simulazione della morte nucleare in occasione dell’imminente referendum sul tema. Peppino, che aveva temuto una dispersione delle forze, che avrebbe potuto compromettere il futuro della radio, riconobbe poi la validità di quella scelta, assistendo alla rappresentazione.
Il clou delle trasmissioni era “Onda pazza”, trasmissione satiro-politico-schizofrenica che andava in onda il venerdì sera e in replica la domenica. Era una sorta di non trasmissione, ovvero uno scatenamento della creatività abbinata alle conoscenze musicali e ai fatti di cronaca del momento, specialmente quelli che riguardavano le speculazioni politiche e mafiose. La satira, vecchio strumento per prendere in giro i potenti, diventava l’esasperazione del personaggio pubblico in tutti i suoi difetti e ne comportava spesso l’umiliazione, tanto più amplificata rispetto al suo livello di intoccabilità.

1980 Radio Aut chiude
L’esperienza radiofonica di Radio Aut si chiuse nel giugno 1980. Avevamo resistito, dopo la morte di Peppino, eravamo riusciti a riprendere le trasmissioni dopo una sosta causata dal guasto del lineare, avevamo picchiato duro su tutti i tentativi di depistaggio relativi all’assassinio di Peppino e avevamo anche ideato una trasmissione in sostituzione di “Onda pazza”, dal titolo “La Stangata”, che si occupava a tutto campo della situazione politica italiana, ma anche di usi, costumi, personaggi, modi di comportamento, piccoli interessi, feste popolari ecc. Tutto ciò che era motivo serio di vita per la piccola borghesia paesana, diventava oggetto spietato di satira. Rispetto ad “Onda Pazza” c’era una maggiore durezza, senza peli sulla lingua sulla mafia e più cura dei particolari. Dietro la nostra aggressività c’era la rabbia per avere avuto un compagno ucciso, la coscienza che il nostro lavoro andava a toccare nei punti giusti come un bisturi, e forse un oscuro desiderio di vendetta con le sole armi che disponevamo: la parola e la voglia di un mondo pulito. Le imitazioni, le ricostruzioni minuziose e fantastiche delle feste paesane, le lunghe intromissioni di battute lungo la sigla, «le parolacce in carne ed ossa», costituivano il sale che creava il successo della trasmissione. “La Stangata” andò avanti per trentadue puntate, raggiungendo, nel bene e nel male, livelli di produzione notevoli: le registrazioni conservate sono una vera e propria antologia del triennio ’78/’81, una passarella lunghissima di personaggi dietro i quali si legge la perversione del potere o «quel male oscuro del Sud che si chiama povertà, denutrizione, indigenza, stato assente”.
“Molti i motivi della decisione di chiudere: per un verso si può parlare di «estinzione biologica»: tutto quello che si poteva fare venne fatto, spesso con la precisa coscienza di sbattere la testa al muro: dalla tattica aggressiva del leone si era passati a quella più sottile della talpa, ma si trattava di erodere radici secolari, e tutto questo non può avvenire né in un giorno né in un anno, né tantomeno sotto il segno dell’improvvisazione giornaliera. Le attrezzature ormai vecchie, la mancanza di soldi, i dischi sempre uguali e logori, il costante assottigliamento del numero dei collaboratori, avevano finito con il rendere la radio un luogo chiuso, che bruciava ogni creatività, un luogo di continua riproposizione, davanti alle stesse facce, delle angosce esistenziali e politiche”. Ma la causa più grave fu quella, tipica delle società mafiose, della macchina del fango, ovvero di tutta una serie di calunnie che ci vennero gettate addosso, per creare discredito e isolarci dal resto della gente: circolavano voci che alla radio c’erano drogati, fannulloni, terroristi, che si facevano orge, che quello che si trasmetteva non era per nulla vero, e c’era il divieto ai giovani di entrare nella nostra sede. In questo modo venne a mancare il ricambio generazionale e ci venne creato attorno un micidiale cordone sanitario che erodeva la nostra credibilità e persino la nostra dignità.
L’ultimo brano fu la “Canzone del maggio francese” di De André: “Verremo ancora alle vostre porte – e grideremo sempre più forte- Anche se voi vi credete assolti – siete per sempre coinvolti”.

In foto di copertina: al centro un giovane Salvo Vitale ai microfoni di Radio Aut

Pubblicato su Antimafia Duemila 22 Luglio 2023

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