L’apparente libertà di stampa

 

In Italia

Nell’annuale graduatoria che la rivista  Reporters sans frontières pubblica ogni anno sulla libertà di stampa nel mondo l’Italia ha fatto qualche passo avanti passando dal 77esimo posto del 2016 al 52esimo posto del 2017, al 46” del 2018 , subito dopo gli Stati Uniti di Trump, con un progresso di 6 punti rispetto all’anno precedente. Ma la situazione è ancora preoccupante. La nota rivista scrive : “Una decina di giornalisti italiani sono ancora sotto una protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti”: “Il livello delle violenze perpetrate contro i reporter – prosegue nel rapporto l’Ong – è molto inquietante e non cessa di aumentare, in particolare, in Calabria, Sicilia e Campania. Numerosi giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del Paese si dicono continuamente sotto pressione di gruppi mafiosi che non esitano a penetrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro confidenziali quando non vengono attaccati fisicamente”.

A ciò si aggiunga la campagna di screditamento e di intimidazione promossa lo scorso anno, si legge,  da “ “politici come Beppe Grillo, del Movimento 5 stelle, che non ha esitato a rendere pubblica l’identità dei cronisti che lo infastidiscono“, e quest’anno da Di Maio, con le accuse ad alcuni giornali di scrivere falsità e con le minacce di rivedere la legge sulla libertà di stampa.. Reporters sans Frontières avverte che, nonostante il balzo in avanti in classifica, rimangono ancora molti problemi nell’informazione italiana:“I giornalisti – scrive ancora Rsf – subiscono pressioni da parte dei politici ed optano sempre più per l’autocensura“. Il rapporto cita anche il ddl diffamazione, ancora fermo al Senato, che nelle intenzioni dovrebbe portare all’effettiva cancellazione del carcere per i giornalisti e all’introduzione di sanzioni pecuniarie efficaci per chi fa ricorso alle querele temerarie. Un elemento positivo è dato invece dalla approvazione del  FOIA, il Freedom of Information Act, un decreto che consente l’accesso da parte dei giornalisti agli atti e ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni”.

 

Nel resto del mondo

La rivista evidenzia, nella sua analisi “l’accrescimento dell’odio verso i giornalisti. L’ostilità nei confronti dei media, incoraggiata dai politici e dalla volontà dei regimi autoritari di esportare la loro visione del giornalismo, minaccia le democrazie……In alcuni paesi, il confine tra brutalità verbale e violenza fisica è sempre più sottile”.

Nelle Filippine (133esimo posto) il presidente Rodrigo Duterte, così ha minacciato i media: “Solo perché sei un giornalista, non significa che tu sia esente dall’essere assassinato”.

Nella graduatoria Norvegia e Corea del Nord occupano il primo e l’ultimo posto, la Siria rimane, già da sei anni, il Paese con il maggior numero di giornalisti uccisi, 12. In  Messico,  ogni 26,7 ore viene aggredito un giornalista. Nel 2018, ma la cifra è provvisoria, ci sono stati 23 giornalisti uccisi e 176 imprigionati, da associare ai numeri dello scorso anno, 326 giornalisti in carcere,  54 in ostaggio in varie parti del mondo, 2 scomparsi e 65 uccisi. Di questi ultimi, 39 hanno denunciato nei loro servizi interessi di lobbies economiche o di gruppi politici, affari e connivenze con le mafie. Tra i giornalisti uccisi di recente ricordiamo Daphne Caruana Galizia, saltata in aria il 16 ottobre 2017 con la sua auto a Malta, Ján Kuciak, assassinato il 22 febbraio assieme alla fidanzata Martina Kušnírová nella sua abitazione di Veľká Mača in Slovacchia e i 9 giornalisti morti,  nel duplice attentato di Kabul.

Già nel rapporto del 2017 la rivista notava che nel resto del mondo, mai la libertà di stampa “è stata così minacciata“, citando la “difficile” o “molto grave” di 72 paesi, fra cui Cina, Russia, India, quasi tutto il Medio Oriente, l’Asia centrale e l’America centrale, oltre che in due terzi dell’Africa.

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