La sistemazione (Salvo Vitale)

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Sistemarsi è la forma riflessiva di “sistemare” che ha la sua origine nel  vocabolo “sistema”.

Secondo il dizionario “Il nuovo De Mauro”, tra i significati si citano  accomodarsi, mettersi a posto: mettersi in ordine nella persona, andare a posto, risolversi di una situazione, ma anche trovarsi un alloggio, una sistemazione adeguata,  trovare un impiego fisso e infine sposarsi, accasarsi.

Il vocabolario Treccani dedica più spazio alla forma attiva ed elenca vari significati: ordinare, organizzare in sistema, (riferito all’ordinamento e alle classificazioni delle scienze naturali) e  per estensione, all’organizzazione politica ed economica: sistemare uno stato, un’amministrazione pubblica, mettere in ordine, a posto, risolvere, definire una questione che va “sistemata”; assumere, o fare assumere, in un impiego, in un posto di lavoro; procurare un lavoro. Con sign. più partic., riferito a ragazze, far fare un buon matrimonio, sposarle convenientemente, sposarsi; nell’uso fam., mettere a posto, raddrizzare, dare una buona lezione, una punizione.

 

Il riferimento al “sistema” implica obbligatoriamente l’accettazione di una regola, di un modo di essere di cui si entra a far parte, si diventa componente e, nel più dei casi ci si schiera a difesa dell’ordine delle cose in cui ci si è adattati a vivere. Nel ’68 il Sistema era una generalizzata forma di potere legata al dominio delle regole del capitalismo e alla obbligatoria conservazione come unica forma di sopravvivenza dei suoi principi  economici, giuridici, civili, che reggono la società.  E quindi la sistemazione era l’integrazione, l’aggregazione, l’ammissione nell’insieme, oltre il quale si rimane disadattati, emarginati, isolati, incompiuti. L’accettazione di un lavoro, con le sue regole e le sue dinamiche, dal salario, all’orario, alle ferie, ai diritti e doveri, sempre stabiliti dal padronato, i privilegi e gli esercizi di potere nei confronti del lavoratore che occupa un gradino più basso, comportano la realizzazione di un’aspirazione che  consente di avere casa, compagna/moglie, figli, disponibilità di denaro e accessibilità a tutti quegli strumenti che il capitalismo  offre per rendere più accettabile l’esistenza.

Nel caso delle donne la prima “sistemazione” è quella del trovarsi un compagno/ marito. Nella poca disponibilità di lavoro per le donne, soprattutto in passato, la sistemazione significava trovare chi porta a casa i soldi, ovvero chi ti mantiene, mettendo, in cambio, a disposizione del partner il proprio corpo e le proprie capacità nell’occuparsi della pulizia, dell’economia, dell’alimentazione , del vestiario, della crescita dei figli. Un proverbio siciliano dice: “Di li fimmini lu papatu è lu statu maritatu”, cioè che una donna raggiunge il massimo della sua realizzazione quando si sposa, ovvero “si sistema”.  Nella lettura marxista la famiglia è la cellula che consente la sopravvivenza e il rafforzamento del sistema attraverso la creazione e il rinnovo di forza-lavoro, cioè attraverso la procreazione e la crescita della prole. E’ ancora il sistema a farla da padrone.

Nella lingua siciliana il vocabolo è associato al prefisso “a”, dal latino “ad”, che implica l’avvicinamento, il moto a luogo: il raddoppiamento sintattico comporta il raddoppio della prima consonante del vocabolo d’origine, nel nostro caso la lettera “s” di sistema, ma comporta anche l’idea di rafforzamento: “assistimari” è “mettere a posto”, sempre in relazione alle regole di un sistema prestabilito.

“Assistimatu” non è solo colui che ha trovato il lavoro e ha creato la sua famiglia, ma anche chi sa fare bene il suo lavoro, chi è esperto del mestiere, chi mette tutto in ordine: ancora una volta il sistema viene fuori, e nel suo aspetto positivo, in un  perfetto equilibrio tra l’inquadramento sociale e quello professionale.

 

Le successive letture, a partire dal “Dialogo sui massimi sistemi” di Galilei,  hanno consentito di accertare l’esistenza di molteplici sistemi, da quelli massimi ai minori, non solo nel campo dell’astronomia: si potrebbe discutere se ognuno di essi è una componente di un più grande sistema, che tutti li comprende e li assorbe, nella stessa misura in cui  esiste un sistema solare come una componente di un sistema universale, o se su tale universalità, nel caso sia infinita, possiamo fare solo congetture, ma non esistono certezze. Di fatto il riferimento a microsistemi, ognuno dei quali è una “monade senza finestre”(Leibniz) o che si rapporta con altri con in-tenzionalità,(Husserl) è una riflessione che ci porta lontano, verso le kantiane categorie di “sistemazione” dei dati del sapere, oppure verso le impossibili letture delle traiettorie atomiche del “principio di indeterminazione” di Heisenberg.

Ogni sistema comprende unità di misura, linee guida, principi di organizzazione, teorie di riferimento pregresse e prescrizioni  comportamentali,  siano esse d’ispirazione autoritaria, siano di orientamento progressista: spesso le regole escogitate per tutelare il sistema non hanno bisogno di essere cambiate, ma solo stiracchiate in rapporto a chi ha il potere di farle applicare.

Fermiamoci alla sistemazione e all’inquadramento in regole, alla loro conservazione, al “picciottu assistimatu” che trova la sua donna e il suo lavoro e “s’assistema”, spesso dimenticando gli ardori giovanili e la voglia di distruggere un sistema del quale inevitabilmente si è parte e, anche controvoglia, per problemi di sopravvivenza, se ne accettano le regole, anche le più banali, quali quelle di procurarsi un pezzo di stoffa per vestirsi, qualcosa per cibarsi, un mezzo per muoversi, parole per comunicare.

Va da sé che il sistema non è uno status quo immutabile e riproducibile, ma ha le sue dinamiche interne, relative a momenti di negazione, di scrollamento, di bisogno d’innovazione, di creatività, di rigenerazione, che costituiscono l’antitesi (Hegel), il momento della messa in discussione per il ritorno alle idee di partenza, arricchite dall’assorbimento e dal riciclaggio delle nuove esigenze. Ovvero la restaurazione, la perpetuazione del sistema o l’eventualità di non ritorno dell’antitesi, che, in un meccanismo ciclico e dialettico non dovrebbe essere contemplata.

 

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