La scomunica dei comunisti

Scomunica comunisti

 

Il 1º luglio 1949 Papa Pio XII emanò un  decreto della Congregazione del Sant’Uffizio in cui si dichiarava illecita, a detta della Congregazione, l’iscrizione al Partito Comunista Italiano, nonché ogni forma di appoggio ad esso. Secondo questo decreto  coloro che professavano la dottrina comunista erano da ritenere apostati, quindi incorrevano nella scomunica. La condanna del comunismo, da parte della Chiesa non era una novità, ma adesso veniva estesa a chi si iscriveva al partito o collaborava con esso, anche non condividendone l’ideologia.  Per il PCI, che nel mondo cattolico raccoglieva molti voti,   non era richiesta l’adesione al materialismo dialettico ma  una generica adesione al programma del partito. Nel 1959 la Congregazione rispondeva negativamente alla richiesta di abolire il decreto. Malgrado alcuni riaggiustamenti e marce indietro, come quelli del decreto Dubium del 1959 di Giovanni XXIII e  le modifiche apportate da Paolo VI nel 1966 , il decreto non è mai stato ufficialmente abolito e il Concilio Vaticano Secondo, nonostante le sue grandi aperture, attraverso l’enciclica Gaudium et spes di Paolo VI, ha ribadito la condanna delle dottrine materialiste. E comunque, secondo molte altre valutazioni teologiche si può essere cristiani e comunisti. Non c’è nulla di male: uguaglianza e fratellanza sono principi comuni.

 

 

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