LA PREGHIERA COME STRUMENTO PER OTTENERE L’INTERVENTO DELLA DIVINITA’

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Le recenti processioni e benedizioni per strada, con ostentazioni dell’ostensorio,  compresa quella “straordinaria” “urbi et orbi” di Francesco I°, con concessione dell’indulgenza plenaria,  sembrano averci fatto sprofondare nel lontano Medioevo. Sembrava che certe manifestazioni religiose, caratterizzate dalla loro esteriorità  appartenessero ad altri  momenti nella storia dell’umanità, poi spazzati via dal progresso e dall’uso delle capacità razionali. Abbiamo creduto che la battaglia degli Illuministi contro le superstizioni  fosse stata vinta e invece, tirando le somme, non è cambiato niente. Gran parte degli uomini si riconosce nei rappresentanti di Dio in terra,  si raccoglie, fisicamente o spiritualmente intorno ad essi , si associa ai rituali, cerca di esorcizzare con la preghiera la paura della propria impotenza, rispetto a certi fenomeni incontrollabili, aspetta una parola di consolazione nel momento dell’afflizione e della disgrazia.

Non si vuole mettere in discussione la capacità della Chiesa di far fronte a tali bisogni,  se la cosa che aiuta ad accettare meglio la vita e la morte , ma valutarne l’attendibilità. Per dirla in modo semplice, può la preghiera, la benedizione papale, stimolare o determinare l’intervento divino nello svolgimento delle umane e naturali vicende?

 

La caratteristica del dio di tutte le religioni è quella di essere  perfetto, onnipotente, onnisciente, buono. creatore

-Nulla da dire sul concetto di perfezione: ammesso che esiste, non è concepibile da parte di un essere imperfetto. Tuttalpiù è ipotizzabile il modello di tipo platonico di un mondo ideale perfetto, rispetto a quello reale imperfetto , ma sulla perfezione di questo mondo  nella mente degli uomini sarebbe rimasta solo qualche reminiscenza  relativa al suo periodo di soggiorno nell’Iperuranio. La perfezione rimane un’ipotesi non conseguibile né concepibile, neanche se attribuita a Dio, proprio perché non si sa che cos’è.

– Dio onnisciente conosce  quello che è successo e dovrà succedere, dall’origine dei tempi alla fine.  Non solo egli sa, ma ha anche predeterminato tutto, ha deciso che tutto succedesse così com’è successo e succederà , nella misura in cui si dice che tutto avviene per volontà di Dio. Anche la creazione, la cacciata dall’Eden, l’incarnazione di Cristo sarebbero  parte di un disegno globale non solo conosciuto, ma anche prestabilito, la cui conclusione, “la fine dei tempi” è fissata al momento del Giudizio universale.

– Dio onnipotente oltre che onnisciente può cambiare, attraverso la preghiera dell’uomo, ciò che lui stesso ha stabilito e di cui conosce e ha predisposto  l’andamento? Se ha questa facoltà, ed essendo onnipotente non può non averla,  egli dovrebbe cambiare ciò che lui stesso ha prestabilito e che si inserisce in un contesto universale di perfezione e perfettibilità, la quale, per sua definizione, non dovrebbe essere soggetta a mutamento.  A meno che non si voglia ammettere l’assurdo che Dio, nella sua onniscienza sapeva che, venendo incontro alla preghiera dell’uomo, avrebbe cambiato il suo disegno originario, che a questo punto non è più né immutabile né perfetto: si tratterebbe al più, di un’ipotesi  di andamento delle cose, uno schema, soggetto a mutamenti non  previsti, a scapito dell’onniscienza di  dio.

-La bontà di dio comporta la bontà di tutto ciò che è stato da lui creato, con il suo fine, e l’inesistenza del male, poiché questo non può essere stato creato da dio, perfetto creatore di tutto. Ammettere l’esistenza del male significa ammettere l’esistenza di un’entità che sfugge al controllo di dio e che non è stata da lui creata. Lucifero che si ribella a dio o è una variabile impazzita e sfuggita al controllo, cosa non concepibile per un dio perfetto e onnisciente, oppure è “altro” da dio, un altro dio, in guerra con il primo dio per avere il controllo sul mondo e sugli uomini. E saremmo al Manicheismo, versione occidentale del buddismo. In ogni caso, come già detto da Stuart Mill, la presenza del male è inconciliabile con l’esistenza di un dio buono e onnipotente, che, grazie a queste sue facoltà dovrebbe subito cancellarlo.

– – L’ipotesi di Dio creatore non trova risposte  in rapporto alla concezione  del tempo, ovvero con l’esistenza di un “prima” della creazione e “dopo”. Si è provato a discuterne da sempre, a ritenere che Dio abbia creato il tempo all’atto della creazione,  che il tempo non esiste, che sia relativo, che sia una “distensione dell’anima”,  ecc. Il tutto è legato alla scelta di staccare Dio dall’Universo e presupporre questo come effetto di quello, secondo il principio che ogni effetto ha una causa che lo abbia determinato. Discorso scorretto e contraddittorio perché “ogni” non è applicato a Dio.  Tutte le teorie sull’origine dell’universo  rimandano inevitabilmente a momenti precedenti, compreso quello precedente al bing bang. Il problema ha la sua soluzione nell’ipotesi che la Chiesa si ostina a non accettare, di una identificazione dell’Universo con Dio e quindi nell’assenza di un’origine. E’ il tanto deprecato panteismo di Bruno, Spinoza, Einstein del quale si coglie solo la faccia del materialismo. Ci si ostina ancora a credere nella materia come altro da Dio, come sua creazione, sua emanazione, ma non come identità di dio stesso.

-Si potrebbe considerare l’ipotesi che Dio sia “aristotelicamente” una sorta di Motore immobile, cioè una sorta di dinamo-batteria  che faccia muovere il tutto restando a guardare, poiché l’immobilità è sinonimo della perfezione, oppure  che abbia dato un “colpetto” (Pascal) al mondo e che poi se ne stia anche qua a guardare, salvo intervenire quando ne sia spinto dalle preghiere dell’uomo, e che quindi non sia immobile. Si tratterebbe di un Dio, forse un po’ più umano, più emotivamente coinvolgibile, ma spogliato delle caratteristiche che gli competono o disponibile a usarle a suo piacimento.

Conclusione: se Dio può cambiare l’ordine delle cose da lui stesso prestabilito, è onnipotente, ma non è onnisciente né perfetto, né tantomeno buono. Se non può cambiarlo è perfetto (la compiutezza dell’essere) ma non è onnipotente. Se può cambiare il male in bene vuol dire che è più forte del male, ma non sempre, in quanto questo può sfuggire al suo controllo, a scapito della sua onnipotenza o può avere la disponibilità di spazi non raggiungibili dalla sua bontà.

Pertanto la preghiera non è lo strumento per chiedere a Dio qualcosa che egli non può dare senza contravvenire alla trasgressione di un ordine universale da lui stesso predisposto. A Dio non si può chiedere nulla. La preghiera è un atto di congiunzione con Dio, un momento in cui si accosta all’insieme, all’immensità, alla totalità dell’universo  quel frammento di divinità di cui siamo espressione e parte. Dice Agostino che “la preghiera non serve a istruire Dio, ma a costruire l’uomo”.

Tutto ciò a conferma  e a dimostrazione di un atto che accompagna l’umanità sin dalle origini, ma che ha solo una valenza psicologica, di sostegno orale, di inevitabile illusione nella quale si vuol credere  per proiettarsi in una possibile soluzione delle nostre debolezze e disgrazie.

 

 

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