I misteri eleusini

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 Dal sito “Vivereora.it “traggo questo interessante saggio su uno dei riti più affascinanti dell’antica Grecia. Nel saggio non sono chiare, forse perchè è impossibile chiarirle, alcune cose: per esempio, questa misteriosa bevanda, il ciceone, o chicheone, che i partecipanti ai misteri bevono, e che sembrerebbe fatta di farina e menta o di orzo e menta, secondo alcune note di R.Greaves è la stessa bevanda che Demetra bevve presso una capanna di pastori, dove si era rifugiata durante il suuo vagabondaggio e che le mise un’improvvisa allegria. Nulla di strano quindi che essa contenesse qualche sostanza stupefacente. Anche i  risvolti anche sessuali sembrano essere stati occultati. Il citato Greaves scrive:  “gli iniziati di Demetra, caduti in estasi, celebravano simbolicamente la sua unione con Giasio, o Trittolemo, o Zeus in un segreto recesso del tempio, facendo scorrere un oggetto fallico in su e in giù in uno stivaletto da donna…..Eleusi fa pensare a una forma corrotta derivata da Eilithules ” (il tempio di) colei che freme in un luogo nascosto”.

Divivereora.it

 DIC 16, 2021  

I Misteri più importanti per gli antichi greci erano certamente i Misteri Eleusini. Essi celebravano il mito di Demetra, sorella di Zeus e dea delle messi, e di sua figlia Persefone. Questi si celebravano ad Eleusi, una città di origine micenea le cui remote tradizioni religiose vennero nel tempo progressivamente integrate con quelle della vicina città di Atene.Eleusi, distante appena una ventina di chilometri dalla più potente città dell’Attica, fu celebre in tutta l’antichità per il santuario di Demetra e Kore, costruito sull’estremità sud-orientale dell’acropoli sin dal 1500 circa avanti Cristo, periodo a cui si deve già riferire la costruzione del telesterion, la sala destinata alle iniziazioni misteriche.Parzialmente distrutto durante le guerre persiane, il tempio fu ricostruito da Cimone (480-450 a.C.), ampliato da Pericle e dai Romani, fu saccheggiato e chiuso dai Cristiani con l’editto di Teodosio (381 d.C.) e distrutto definitivamente da Alarico nel 396.È stato riportato alla luce con scavi archeologici intrapresi dal 1817.Tale era la fama dei misteri di Eleusi che Pausania affermò:

“I Greci più antichi consideravano i misteri di Eleusi tanto superiori in onore a tutti gli altri che riguardano la religione, quanto gli dèi sono superiori agli eroi”

(Pausania, 10, 31, 11; Colli, v. I, p.115)

Caratteristiche del Mito

Nei Misteri Eleusini si celebrava il mito di Demetra, sorella di Zeus e dea delle messi, e di sua figlia Persefone. La storia, che si legge nel famoso Inno a Demetra, racconta che Ade, il dio degli Inferi, rapisce Persefone. Vagando disperata alla sua ricerca, Demetra (il cui nome significa: la Terra Madre) giunse appunto ad Eleusi,; in questa città, sotto forme umane, entra al servizio di Celeo e Metanira, i reali locali, come nutrice del principino Demofonte che essa alleva a nettare e ambrosia.

Un giorno, Demetra vuole rendere immortale Demofonte immergendolo nel fuoco, ma viene scoperta da Metanira. A questo punto è costretta a dichiarare la sua vera natura divina e si ritira allora nel suo tempio rendendo sterile la terra e impedendo così alle messi di crescere. Lo spettro della carestia minaccia ben presto sia i semplici mortali sia, di riflesso, gli dei e per questo Ade acconsente a renderle la figlia arrivando però a un compromesso in base al quale Persefone avrebbe trascorso tre quarti dell’anno con la madre sulla Terra e l’altro quarto agli Inferi con lo sposo.

È evidente la simbologia relativa al ciclo vegetativo e tale correlazione è sottolineata dal particolare che il mito racconta secondo cui fu la Dea stessa ad insegnare a Trittolemo la coltivazione del grano. In effetti le fonti ci confermano che al culmine della iniziazione eleusina si mostrava all’adepto, in silenzio, una spiga di grano.

L’Importanza dei riti iniziatici nell’Antica Grecia

La caratteristica dei riti iniziatici è che essi promettevano una vita migliore nel mondo presente ed in quello futuro. Inoltre i culti misterici erano “democratici”, nel senso che erano aperti a tutti coloro (schiavi compresi!) che volessero parteciparvi. Non è allora strano, che “i culti misterici poterono persino funzionare come una sorta di praeparatio evangelica, creando una forma socialmente accettata di culti non cittadini: se non altro dall’esterno, i primi cristiani potevano essere visti semplicemente come un ulteriore gruppo misterico, una percezione del resto condivisa da molti cristiani”.

Se è però vero che ai Misteri Eleusini potevano partecipare tutti, le meraviglie promesse da Demetra a chi avrebbe partecipato ai suoi culti richiamarono per secoli tutti gli intellettuali ed i potenti della classicità greco-romana. Con tali grandi elettori si capisce allora il richiamo che i Misteri Eleusini ebbero in tutto il mondo classico mediterraneo. Cicerone ricorda che nel santuario di Eleusi “vengono iniziate le genti dei confini del mondo” ma tra esse vi era l’élite della società del tempo come lo stesso retore, Attico, Ottaviano Augusto ed il coltissimo Adriano.

Vari Gradi Iniziatici

Per partecipare a questi misteri bisognava giurare il voto di segretezza. Vi erano quattro categorie di persone che vi partecipavano:

  • Preti, sacerdotesse e ierofanti;
  • Iniziati, coloro che partecipavano alla cerimonia per la prima volta;
  • Coloro che vi avevano già partecipato e pertanto erano divisi in quattro categorie;
  • Coloro che avevano raggiunto l’épopteia (in greco: ἐποπτεία) (in italiano la “contemplazione”), che avevano appreso i segreti dei più grandi misteri di Demetra.

I sacerdoti che conducevano le iniziazioni erano diversi da quelli che operavano nel vicino tempio di Demetra Eleusina; essi erano chiamati ‘mistagoghi’, cioè coloro che guidano i misti ed appartenevano a due famiglie che svolgevano il compito da antica tradizione: gli Eumolpidi ed i Kerici. Colui che presiedeva al rito era lo ‘ierofante’ (letteralmente: colui che mostra, fa apparire le cose sacre) che poteva essere anche una donna: in una iscrizione che ci è pervenuta, infatti, si parla di una ‘madre santa che mostrava la teletè delle dee” con chiaro riferimento a Demetra e Kore (CIA, III, 737). Alla cerimonia partecipava anche un dedukòs, un portatore di fiaccola.

Lo studioso Victor Magnien ha distinto, sulla base delle fonti, tre gradi iniziatici: quello dei Piccoli Misteri, quello dei Grandi Misteri e quello della Epopteia.

La gerarchia sacerdotale sembra corrispondere alle diverse fasi del processo iniziatico e alle connesse diverse funzioni: i sacerdoti che dovevano accogliere i neofiti dovevano aver ricevuto una iniziazione particolare, definita holoclere (da ολόκληρος = completo) che conferiva il potere di purificare; al secondo grado gerarchico c’erano i sacerdoti che potevano conferire la teletè e che per svolgere tale funzione avevano ricevuto la ‘iniziazione sacerdotale’; infine c’erano i sacerdoti che potevano conferire la epopteia in quanto titolari di una iniziazione ‘ierofantica’. Quindi ai tre gradi iniziatici corrispondevano esattamente i tre gradi d’ufficio sacerdotale. Al di sopra di tutti c’era un supremo sacerdote indicato dalle fonti con nomi diversi.

Lo svolgimento del Rito

Per ciò che concerne il rito ben pochi sono gli elementi che conosciamo attraverso specifiche testimonianze. Da Clemente Alessandrino sappiamo, ad esempio, che l’iniziato all’atto della cerimonia recitava la formula (synthema):

“Ho digiunato, ho bevuto il ciceone (kikéon), ho preso gli oggetti dal cesto (kiste) , ho lavorato e ho rimesso nel cesto alto (kàlathos) e da lì nell’altro cesto (kiste)”.

(Proptrettico, 2, 21, 2)

Il ciceone era una bevanda fatta con farina e menta; quanto al ‘lavorare’, gli studiosi sulla base di un testo di Teofrasto, l’interpretano come il macinare del grano in un mortaio: tutti atti cui si dava evidentemente un significato simbolico. Da Ippolito è testimoniato che:

“…gli ateniesi, nell’iniziazione di Eleusi, mostrano a coloro che sono ammessi al grado supremo il grande e mirabile e perfettissimo mistero epoptico in silenzio: la spiga di grano” e poi continua enigmaticamente:

“…lo ierofante in persona… che si è reso impotente con la cicuta e si è staccato da ogni generazione carnale, di notte ad Eleusi, in mezzo alla luce delle fiaccole, nel compiere il rituale dei grandi ed ineffabili misteri, grida e urla proclamando: Brimò, la Signora, ha generato il sacro fanciullo Brimos…”.

(Ippolito, Confutazione, 5, 8, 39-40)

Per alcuni studiosi il grido dello ierofante sembra riferirsi alla nascita di Iacco dalla madre Persefone.

Proclo, ad esempio, ha così scritto:

“Come nella più santa delle iniziazioni, i misti, si dice, incontrano la prima genesi, vedendo apparire dinanzi a loro dèi dagli aspetti molteplici e dalle molteplici forme, ma, essendo abili e fortificati dalla teletè, ricevono nel loro seno l’illuminazione”; ed ancora:

“Gli dèi presentano molteplici forme, spesso mutando apparenza. Talvolta presentano una fiamma di forma indeterminata, talvolta una fiamma in forma di uomo, talvolta in altra forma. E ciò ci è trasmesso dalla mistagogia di origine divina”.

(Proclo, in Polit., p. 379)

La cerimonia dei misteri iniziava ad Atene appena prima della luna piena del mese con un’assemblea presso l’Eleusinion (un tempio alla base dell’Acropoli di Atene). Qui nell’agorà si riunivano gli iniziati, accompagnati dal mistagogo ateniese dove ricevevano le prime istruzioni mentre lo ierofante annunciava il divieto di partecipazione agli impuri ed a coloro che non comprendessero il greco. Gli ierofanti dichiaravano la prorrhesis, l’inizio dei riti, e portando a termine il sacrificio “qui la vittima” (hiereía deúro). Il secondo giorno, il 16 di Boedromione, una processione si recava sulla costa (ἄλαδε μύσται, “al mare, o voi iniziati”) dove i nuovi adepti, accompagnati sempre dal tutore già iniziato ai Misteri, si bagnavano e dove contestualmente lavavano un porcellino che sarebbe stato sacrificato e mangiato al loro ritorno in città, da questo momento agli adepti era proibito nutrirsi fino all’arrivo, al quinto giorno, ad Eleusi.

Il terzo giorno, il 17 di Boedriomone, alla presenza delle autorità cittadine non solo ateniesi, l’Arconte Basileus (Ἄρχων Βασιλεύ) e la sua consorte eseguivano un grande sacrificio a Demetra e Kore (Persefone). i partecipanti partecipavano all’Epidauria, un festival per Asclepio – dal nome del suo santuario principale a Epidauro. Vi si celebrava l’arrivo dell’eroe ad Atene con sua figlia Igea e consisteva in una processione che conduceva all’Eleusinion, durante la quale il mystai apparentemente rimaneva a casa, mentre si svolgeva un grande sacrificio e una festa tutta la notte (pannykhís).

Il quarto giorno, il 18 di Boedriomone, si svolgeva una processione e un sacrificio ad Asclepio.

Ricostruzione della via Sacra ad Atene

Il percorso della via sacra

All’alba del quinto giorno, il 19 del mese di Boedromione, un imponente corteo muoveva dall’agora di Atene, attraversando la “Porta Sacra” del Ceramico, per raggiungere in serata, quindi con l’inizio del ventesimo giorno, il borgo di Eleusi situato a venti chilometri a Occidente. Comuni cittadini, oltre i tutori e neofiti, accompagnavano le sacerdotesse che riportavano al santuario di Eleusi i corredi sacri. Durante tutto il tragitto lungo quella che fu chiamata la “Via Sacra” (Ἱερὰ Ὁδός, Hierá Hodós), con dei rami oscillanti chiamati bacchoi, i partecipanti al corteo intonavano un canto di cui conosciamo solo il titolo: Iacchos (Ἴακχος) Verso la fine del pomeriggio la processione attraversava un ponte sul fiume Cefiso, e qui si avevano scambi di motti scherzosi e osceni, con uomini mascherati che lanciavano insulti contro i cittadini più importanti. Al calare della sera, con torce accese, i pellegrini finalmente entravano nel cortile esterno del santuario.

Ultimo giorno: l’iniziazione vera e propria

Una volta entrati nel santuario, finiva la parte preparatoria e cominciava la liturgia vera e propria che doveva restare segretissima perché la propagazione dei sacri misteri era considerato un sacrilegio intollerabile e punito con la morte. Il rito iniziava con la interruzione del digiuno per la somministrazione di una pozione, chiamata ciceone, che conteneva una miscela di acqua, orzo e foglie di menta. Nel santuario di Eleusi (τεληστήριον, Telestèrion), i fedeli si separavano dagli altri partecipanti e, alla luce delle torce, entravano nel cortile davanti al santuario, dove si purificavano nelle vasche e dove le donne danzavano intorno alla fonte di Callicoro. La veglia durava tutta la notte (pannychis), forse per commemorare la ricerca di Demetra della propria figlia scomparsa. La restante parte del rito di iniziazione risulta “segreta” quindi a noi sconosciuta. Gli storici delle religioni offrono comunque delle ipotesi di una sua ricostruzione partendo da autori “pagani” (più restii a fornire informazioni) ma anche cristiani (i quali potrebbero di converso non essere ben informati). Si suppone ampiamente che i riti all’interno del Telesterion comprendessero tre elementi:

1 dromena (“cose fatte”), una drammatica rievocazione del mito Demetra e Persefone,

2 deiknumena (“cose mostrate”), oggetti sacri esposti, in cui lo ierofante svolgeva un ruolo essenziale;

3 legomena (“le cose dicevano”), commentari che accompagnavano il deiknumena.

Si dovevano svolgere quindi alcuni atti simbolici che ricordavano la macinazione rituale del grano e richiami della ricerca di Persefone accompagnati da suoni (un gong?). Al culmine del rito veniva mostrata una singola spiga di grano, evidente simbolo della dea, nel momento in cui si elevava il grido al cielo: “Piovi!” e alla terra: “Concepisci!”. Allora lo ierofante “sotto una luce splendente” proclamava ad alta voce la nascita di un erede divino con queste parole: “La dea ha generato il sacro figlio: la Brimo ha generato il Brimo!”. Secondo Temistio e Plutarco gli iniziati avevano come l’esperienza dell’anima che muore e pare si svolgesse anche la rappresentazione di una ierogamia, mentre gli iniziandi imitavano Demetra vagante con torce in mano alla ricerca di Persefone. Arrivati fin qui, si può capire abbastanza bene la forza e l’importanza di questo mito, e la capacità dello stesso di trasformare e generare nella persona un potente cambiamento.

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