“E Dio rise”, un libro con un titolo falso (S.Vitale)

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Incuriosito dal titolo e dalla pubblicità su facebook ho prenotato questo libro presso la mia edicola e l’ho pagato 17,90 euro. Già, se ci avessi fatto caso prima, il prezzo di copertina avrebbe dovuto mettermi in allarme: il libro costa 18 euro e indicarne il prezzo a 17,90 vuol dire prendere per in giro l’acquirente, ovvero fargli credere, secondo una tecnica commerciale ancora molto diffusa, che il prezzo appartiene alla fascia dei 17 e non a quella dei 18 euro. L’altro imbroglio è nell’indicazione dell’autore, un certo Marc-Alain Ouaknin, il cui nome è scritto con caratteri molto più piccoli rispetto a quello di Moni Ovadia, che del libro ha scritto le prime cinque pagine di presentazione. Mi spiace che Moni si sia prestato a questo raggiro: ci sono cascato anch’io, credendo che fosse l’autore: mea culpa, perché non ho letto bene.  Altro imbroglio è nel sottotitolo: “La Bibbia dell’umorismo ebraico da Abramo a Woody”. Quest’ultimo sarebbe  Woody Allen, del quale è citata una battuta nel retrocopertina e poche frasi all’interno del libro: la frase nasconde la chiara l’intenzione di identificare l’umorismo ebraico con quello di Dio, come poi si legge nel titolo, come se il Dio degli Ebrei sia quello che ha ingenerato nel suo popolo eletto il senso dell’umorismo e ne ride anche lui, diversamente dal dio di altre civiltà e religioni.  Arriviamo all’ultimo imbroglio, che è proprio nel titolo: ho comprato il libro perché pensavo che  vi si potessero trovare citazioni bibliche ed episodi  attraverso i quali si manifesta l’umorismo divino, e che quindi avessero Dio come protagonista assoluto di una caratteristica, la risata, che in genere non gli appartiene. I Greci avevano identificato l’umorismo, la gioia, il riso, l’abbandono della seriosità, l’eccitazione,  lo scatenamento dei sensi e della fantasia in una divinità, Dioniso, alla quale il cristianesimo ha messo un paio di corna, facendolo diventare il diavolo. Per il resto tutta l’etica cristiana, della quale Nietzsche intravede il precursore in Socrate, è caratterizzata dalla repressione delle passioni, degli entusiasmi, della sensualità , e dal “dovere”, anzi dall’obbligo del controllo “razionale” sull’istinto e sulle manifestazioni dei sensi, prima fra tutte il piacere. Per questo Dio che ride non poteva non incuriosirmi nel tentativo di scoprire una caratteristica divina che sembrava essere stata occultata nei secoli. Invece niente di tutto questo. L’unica risata biblica che si trova è quella di Abramo e di Sara, (Genesi 17,17)che ormai hanno 90 anni quando Dio annuncia loro che avranno un figlio al quale dovranno dare il nome di Isacco, cioè “il messaggero del riso”.  Che Abramo e Sara si mettano a ridere per l’annuncio divino già stupisce, perché vuol dire che ne dubitano, anzi non lo credono possibile, con una palese mancanza di fede. Ben diversa l’accettazione totale di Maria, davanti all’annuncio dell’arcangelo  Gabriele: “Fiat mihi secundum verbum tuum”. E del resto lo stesso Abramo non ride quando Dio gli ordina di sacrificare suo figlio Isacco, e si  si sottopone all’obbedienza. Per inciso non si può fare a meno di pensare che, in questo caso, non si tratta di un Dio allegro, ma davvero crudele, al punto da ordinare a un padre di sacrificargli il suo unico figlio, sia pure per verificarne l’obbedienza, cosa che egli, in quanto onnisciente, doveva già conoscere. Ma questo lo ha individuato anche Kierkegaard. Per il resto vi si trova un considerevole numero di barzellette, pochissime delle quali stimolano un vago sorriso, intrise di un umorismo molto soft,  ai cui protagonisti è dato un nome ebraico, ma con battute che potrebbero valere per qualsiasi comune mortale. Insomma la curiosità di sapere se il dio ebraico è capace di ridere e quando lo ha fatto, m’è rimasta e mi sono sentito preso in giro, proprio su un’operazione editoriale che, avendo dio come protagonista, non avrebbe dovuto essere minimamente  caratterizzata dall’imbroglio.

E tuttavia una barzelletta interessante l’ho trovata: “Mendel va a mendicare a casa di Ephraim. “Ephraim, dammi cinquanta euro”.

“A patto di dirmi la verità: pensi sul serio che te li darò?

“Unm…in verità non mi darai niente”

“Sei scemo, Mendel! Perchè adesso davvero non vedrai il becco di un quattrino. Se hai detto la verità, allora non avrai niente. Ma non avrai niente anche se hai mentito, perché non hai rispettato il patto di dire la verità”.

“Ti sbagli, Ephraim, perché se ho detto la verità, ho rispettato il patto, perciò dovrai darmi i soldi. Se invece ho mentito significa che è falso che tu non abbia intenzione di darmi niente, perciò i cinquanta euro me li ia vedi, è che noi siamo diversi: io con i miei ragionamenti sono diventato ricco, mentre tu, con i tuoi, ti sti ridotto sa mendicare per vivere. E siccome chi ha i soldi ha sempre ragione, i 50 euro te li puoi sognare”

Siamo a una riedizione del “paradosso del mentitore, per la prima volta enunciato da Eubulide di Mileto nel VI secolo a.c, e quindi appartenente alla cultura greca, non a quella ebraica. Ancora un imbroglio.

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