Addio a Giulietto Chiesa.

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La notizia è arrivata poche ore dopo la giornata della Liberazione ed è stata data da tutti i telegiornali come una breve di cronaca, come qualcosa che era giusto dare, ma non più di tanto. A parte le note degli amici, soprattutto su Antimafia Duemila, su cui abitualmente ci siamo incontrati con i nostri articoli, i signori dell’informazione hanno preferito non parlarci di questo collega che aveva un modo di fare giornalismo ben diverso da quello ufficiale, che andava a scavare dentro la notizia, sino a leggerne i significati nascosti, i possibili sviluppi, gli interessi politici ed economici che ruotavano attorno ai fatti di cronaca, anche quelli apparentemente più banali.

Era nato il 4 settembre 1940 ad Acqui Terme:  fu corrispondente da Mosca prima per l’Unità e poi per La Stampa, oltre che inviato per il Tg5, il Tg1 e il Tg3. Numerosi sono i suoi libri in cui  ha raccontato la Perestroika di Gorbaciov e i grandi sconvolgimenti causati dalle guerre contemporanee  e dai processi di globalizzazione.

Impegnato in politica fu dirigente del Pci e nel 2004 venne anche eletto al parlamento europeo.

Negli ultimi anni il suo impegno era andato anche oltre la politica. Lo scorso dicembre a Fermo ha tenuto un lungo incontro per parlare dell’informazione, della politica, della crisi economica ed energetica mondiale, del rischio di un nuovo conflitto mondiale, della necessità di approfondire argomenti andando oltre la “versione ufficiale”.

Come ha detto Antonio Ingroia “Il suo essere sempre “fuori dal coro” e dalla parte della verità, ma anche pronto a sollevare dubbi sulle verità consacrate, suscitava stima e rispetto perfino nei suoi avversari, mentre era amato e apprezzato da tanti suoi lettori e sostenitori”.

In un mondo ormai intrappolato dall’informazione omogeneizzata, funzionale ai grandi potentati politici ed economici, strumentalizzata a fini personali o elettorali, la figura di Giulietto Chiesa è quella di un gigante cui bisogna inchinarsi, da considerare un polo di riferimento per portare avanti quella che, ai tempi di Peppino Impastato si chiamava “controinformazione”

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