Il re di Girgenti (S.V.)

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Considero “Il re di Girgenti” il miglior romanzo di Andrea Camilleri. Il racconto fa riferimento a un episodio storico occorso in Sicilia nel 1718, quando, dopo la guerra di successione spagnola,  l’isola era stata assegnata, ai Piemontesi di Vittorio Amedeo II di Savoia e a Girgenti  (Agrigento) scoppiò una rivolta che portò alla scissione della città, dove venne nominato re un contadino di nome Zosimo. Come quasi tutte le rivolte i nobili, padroni del paese, nel momento in cui i loro interessi venivano minacciati, trovarono il modo di mettersi d’accordo e fare impiccare il rivoluzionario contadino, da tutti amato per la sua saggezza e poi da tutti dimenticato, abbandonato e rimpianto, a causa della reazione baronale. Zosimo non ebbe tempo di portare a termine le sue rivoluzionarie riforme, che avrebbero cambiato i rapporti di forza tra le classi sociali, confiscando terre e ricchezze ai nobili e distribuendole ai contadini.  La bellezza della narrazione è data dalla sua struttura da “epopea”, che si estende per tre generazioni, dalla precisa ricostruzione della civiltà contadina del Settecento, alla ferocia dei tribunali d’inquisizione, alla lotta antipapale per il pagamento dei tributi, che ricorda la sciasciana “Controversia liparitana”, con lo “sciopero” delle prestazioni religiose da parte dei preti fedeli al papa. Le frasi spagnole, facilmente comprensibili,  si alternano a un dialetto siciliano, in gran parte arcaico e intraducibile, ma con significati facilmente intuibili. Piccoli  bozzetti caratterizzano l’identità dei vari personaggi, ne esaltano pregi, doti , virtù e vizi. E’ il caso di don Aneto Purpigno, che si  eccita sino all’orgasmo nel sentire gli odori di Filonia, moglie di Giosuè, a padre Uhu, traduzione siciliana di Ugo, un monaco con capacità taumaturgiche,che avviò Zosimo alla conoscenza dei segreti del sapere,   al mago Apparenzio ecc. Costante il ricorso a forme di credenza popolare dove la magia si intreccia con la superstizione, ma anche con eventi inspiegabilidove il numinoso si confonde col misterioso. E’ un mondo  che sembra evocare tragici scenari contemporanei, dove  la siccità scatena la lotta per la sopravvivenza, ma anche tematiche attuali come il suicidio assistito, quello con cui Giosuè, padre di Zosimo, dopo aver salvato un nobile suicida che aveva perso tutto al gioco, con un altro nobile baro, lo aiuta a morire, viene incolpato per quella morte e sfugge alla condanna ingravidando, su proposta del nobile baro, la moglie  incapace di partorire con lui. Il coro che i villani cantano mentre Giosuè fa conoscere alla nobildonna l’unico vero rapporto d’amore della sua vita, è forse la parte più comica e piacevole  del romanzo: “Ficcaccilla Gisuè, – ficcaccilla avanti e narrè – Gisuè scana e mpana – falla prena la buttana – falla gravita Gisuè – Megghiu a tia nun ci nn’è – Dunaccillu lu duvutu – a stu duca gran curnutu”-“ (pag. 112), Spero che i censori del sesso non si mettano a censurare anche il maestro Camilleri.

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