Per qualche maglietta rossa…
di Salvo Vitale
E’ bastata una maglietta rossa per scatenare il finimondo. Eserciti di lombrichi, di miserabili, di fanatici, di presuntuosi, di bugiardi, di deviati mentali, di fascistelli dell’ultima ora, di autentici mascalzoni si sono scatenati, usandolo strumento a loro disposizione, cioè facebook, per schizzare il loro veleno senza esclusione di colpi.
E cominciamo con la rassegna delle “minchiate”, ci si perdoni il termine, tra le quali ci si può imbattere digitando là dove, non saprei se definirlo coraggioso o sventurato, si trova chi ha osato pubblicare la sua fotografia con la maglietta rossa.
Prima idiozia: il rosso è il colore dei comunisti, ergo si tratta di una manifestazione comunista. A parte il fatto che, se così fosse, sarebbe una riappropriazione di un colore il cui tono si va giornalmente perdendo, non si vede cosa potrebbe esserci di male. Forse che i comunisti non hanno più diritto di parola? Qualcuno ha addirittura evocato i morti di Stalin, che sarebbero maggiori di quelli di Hitler, come se il popolo in magliette rosse si ispirasse al dittatore sovietico. In realtà si è trattato di una falsa accusa per tenere lontani coloro, come gran parte dei cattolici, che condividono la necessità di fermare l’emorragia di umanità cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi. Ciò nonostante, ai vari cortei cittadini hanno aderito l’Azione Cattolica, gli Scout, l’ARCI, l’ANPI e Lega Ambiente. Tutti comunisti!!! Bisognerebbe informare queste teste d’asino che rossa è la cravatta di Trump, rosso è l’abito dei cardinali, rosso è il colore delle scarpe delle donne che protestano contro la violenza nei loro confronti, rosso è un colore della nostra bandiera e che quindi il rosso è un colore che appartiene a tutti. Ho letto addirittura, mettendomi a ridere, di uno che si lamentava di non avere potuto indossare la sua maglietta rossa per non essere confuso con gli altri “protestanti” del giorno. Ma la scelta del rosso ha precise motivazioni che, naturalmente non interessano gli sputasentenze: rosso è l’indicazione di un momento di sosta, l’invito a dire. E figurarsi se gli imbecilli hanno voglia di fermarsi per riflettere!!! Rossa è la maglietta che le madri mettono ai loro bambini, prima, ahimè, di abbandonarli al mare, affinchè possano essere meglio avvistati, così come rossa era la maglietta del povero bambino, Aylan, morto, che nel settembre di tre ani fa fece il giro del mondo suscitando indignazione, e rossa era la maglietta dei bambini trovati morti sulle coste libiche qualche giorno fa.
Seconda idiozia: chi ha avuto il coraggio, anzi la sfacciataggine, il giorno 7 di indossare la maglietta rossa, ha fatto politica, soprattutto se si tratta di insegnanti. Ha suscitato ingiurie e levate di scudi, minacce, offese e contumelie varie di teppistelli e di sciacquette di strada, la pubblicazione di un’intera commissione di esami di stato, a Cefalù, che ha “osato” indossare la maglietta rossa: “Apriti cielo!”. A scuola non si fa politica, io non affiderei mai mio figlio a insegnanti di questo tipo, le docenti avrebbero dato dimostrazione d’intolleranza contro i maturandi, deve intervenire il ministro per sospendere questi e queste criminali, i più buoni scrivono, per mandarle a fare un anno sabatico, i più cattivi per licenziarle, e altre stupidaggini di questo tipo. Uno dei censori che ha ritenuto opportuno associare la sua voce a questo esercito di asini è stato l’ex sindaco di Roma, il camerata Alemanno e la sua degna comare Giorgia Meloni. E con persone come queste ogni discorso si chiude.
Una riflessione invece è necessaria per le persone più educate che leggono sgomente lo schizzo di tanto veleno: indossare la maglietta rossa non è fare politica, ma se lo è, e se lo fosse, meglio ancora: diceva il grande educatore Lucio Lombardo Radice che “dire: ‘a scuola non si fa politica’, come si diceva durante il fascismo, è il peggior modo di fare la peggiore politica”. Diceva Aristotele, uno dei più grandi pensatori dell’umanità, che naturalmente per certa gente è “un nuddu mmiscatu cu nienti”, che “l’uomo è un animale politico”. L’essenza dell’uomo è di costruire, nella “polis”, e quindi assieme ad altri uomini, momenti d’incontro e di scambio. E’ nella politica che si realizza l’uomo. Quindi ci troviamo davanti a persone che preferiscono la politica del silenzio e dell’ignoranza, rispetto a quella del rispetto dei valori umani di solidarietà. Ed è di là che poi si diffondono le pecore pronte a calar la testa davanti al primo imbonitore che si promuove a pastore. E’ evidente che questi piccoli cervelli scambiano l’etica per politica, il rispetto dei valori che ogni insegnante è tenuto, obbligato, a indicare come la linea guida del suo lavoro, come principi “sovversivi” che possono mettere in discussione i luoghi comuni dell’odio verso il diverso e dell’insensibilità disumana verso la morte di un bambino. Nessuno deve parlare di queste cose, altrimenti fa politica. Sob!!!
Terza idiozia: alcuni sapientoni hanno scritto che la manifestazione ignora tutti i problemi dei migranti e vuole promuovere una politica delle braccia aperte per tutti quelli che vogliono venire in Italia. Qualcuno non ha partecipato alla manifestazione perché nel comunicato non c’era nessun riferimento a Minniti e invece, pur non essendo citato, si capiva che si manifestava contro la politica di Salvini. Della serie, qualcosa da dire si trova sempre. Non so come Minniti, e non Salvini, abbia fatto per ridurre drasticamente a poche migliaia, il flusso di 130 mila uomini (la cifra non è assolutamente precisa) dell’anno precedente e non so perché tutto il merito se lo stia prendendo Salvini dopo la pagliacciata della chiusura dei porti alle ONG. Probabilmente Salvini sa vendere meglio la sua immagine. Non è assolutamente vero che la manifestazione ignorava o ha finto d’ignorare il grave problema della gestione dei migranti. Sarebbe come chiudere gli occhi per non vedere il male, o guardare da un’altra parte. E’ indiscutibile che esiste un businnes: esiste per i trafficanti di uomini, per coloro che li controllano nei “campi di concentramento” in cui sono stipati, per coloro che li imbarcano dietro pagamento di un biglietto dieci volte più caro di un normale volo di linea, si parla di 2000 euro a cranio, con la promessa di una qualche garanzia di assistenza da parte delle ONG o delle navi della marina militare italiana. Quella di un patto tra ONG e mercanti di uomini potrebbe non essere solo una cattiva ipotesi, che circola sempre più frequentemente, ma un fatto reale, che comunque dovrebbe assicurare, attraverso un sistema che è poco definire illegale, un posto d’accoglienza con pasti, letto e vestiario in strutture o case private messe a disposizione della prefettura, per 37 euro al giorno, date al proprietario degli immobili, più 2,50 euro date dalla prefettura al migrante, il tutto da raddoppiare nel caso di minori. E non è una favola che a tanti ragazzi sia stato assegnato lo stesso giorno di nascita, cioè il primo gennaio del 2001 anche se alcuni sembrano ben più maturi. C’è poi tutto il sistema di assistenza, di forniture di pasti e di vestiario, di personale che provvede a gestire la struttura e a pulirla, talora di insegnanti che tentano di far memorizzare qualche termine italiano, il tutto sotto forme apparenti di volontariato, che nascondono o mimetizzano forme di pagamento. E infine l’odissea del rilascio del permesso di soggiorno: le prefetture ne rilasciano due o tre al giorno e si prolunga a tempo indeterminato il soggiorno “obbligato” di chi spera di raggiungere altrove, possibilmente all’estero i propri congiunti. Proprio questo è il punto su cui sarebbe necessario intervenire se si vuole chiudere il problema: rilasciare permessi di soggiorno “facili”, in modo che i migranti siano liberi di andarsene dove vogliono, con grande arrabbiatura di chi invece non li vuole e ci vuole imporre che restino dove approdano. Ma a questo il duro Salvini non è ancora arrivato, perché salterebbe tutto il sistema. A tutti quelli che dell’immigrazione sanno tutto, rispetto ai poveri mortali in maglietta rossa, che non sanno niente vorrei inutilmente fare entrare in testa che i risvolti del problema sono ormai noti a tutti, che non si possono regalare solo a Salvini e che bisogna trovare soluzioni che non mettano in gioco il diritto, sancito dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo, a vivere dove si decida di trasferire la propria residenza.
Quarta idiozia: a manifestare erano i soliti “radical chic”, ovvero gli individui che si piccano di essere intellettuali, che se ne stanno seduti davanti alla loro scrivania, professando orribili idee di sinistra, e che quindi appartengono all’inutile razza di Matteo Renzi, di Minniti, di Stalin, di Bergoglio, di Gino Strada, di don Luigi Ciotti. Insomma, le persone comuni, le facce pulite, quelle che vogliono dare un segnale, chi vuole sentirsi libero e fuori dallo schifo imboccato dalla politica italiana, non c’erano, solo perché basta dire che non c’erano per cancellarne la presenza. E questo è quello che, nell’insieme di tutto lo squallore dei commenti è stato dimenticato, ovvero che l’iniziativa è stata è promossa da un’Associazione, LIBERA, che da vent’anni si batte per combattere contro la cultura mafiosa, contro l’economia illegale che caratterizza le terre sequestrate e confiscate alla mafia, contro i fanatismi e le inculture tipiche di formazioni e ideologie politiche che sembravano scomparse, ma che stanno riemergendo dalle fogne della storia.
Si è cercato di mettere il bavaglio e criminalizzare, con accuse mostruose, quelle poche persone che hanno voluto dire a tutta Italia che ancora esistono tracce di umanità e di sensibilità, ma il fascismo di queste persone non si ferma all’ingiuria e all’offesa. Sotto ci sta l’intolleranza verso qualsiasi forma di diversità di pensiero, ovvero l’illusione, o il progetto perverso, di sostituire la maglietta rossa con la maglietta nera.
Pubblicato su Antimafia Duemila il 9.7.2018