Maniaci torna a Telejato (Aaron Pettinari)

Maniaci torna a Telejato: ”Chiarisco tutto e denuncio”

IMG 5731Ma le domande restano aperte
di Aaron Pettinari
“Da oggi riparte Telejato e riparte come prima. Spiegherò ogni punto, rispondendo a tutte le domande. Sono pronto a chiarire tutto, lo farò ora e anche dopo al telegiornale”. Pino Maniaci, accusato di estorsione nei confronti dei sindaci di Partinico e Borgetto torna a casa, a Partinico e dalla sede di Telejato cerca di dar luogo a quella che uno dei suoi legali, Antonio Ingroia (presente assieme a Bartolo Parrino), chiama come “una prima riconciliazione con la vita”. Un momento voluto per spiegare il perché si ritiene vittima e non colpevole, ribadendo “quanto fossero infondate e frutto di cattive interpretazioni quelle intercettazioni” contenute in particolare nel video diffuso alla stampa dai carabinieri dopo la notifica del provvedimento di divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani.

Ritorno a casa
Quel provvedimento decaduto nei giorni scorsi per la non avvenuta notifica dell’udienza del Riesame che si sarebbe dovuta tenere per discutere la misura stessa (a dimostrare tutt’altro che “poteri forti” da parte dell’accusa).
Un punto, quest’ultimo su cui intervengono subito i due avvocati difensori del giornalista. “La difesa ha sollevato una nullità ormai divenuta effettiva facendo decadere la misura. – chiarisce Parrino – Si è comportata secondo i crismi, non è vero che si è sottratta vigliaccamente al merito della questione. Noi abbiamo presentato istanza presso il Tribunale per la libertà, la procura ha chiesto appello in merito al capo di imputazione relativo alla tentata estorsione al Polizzi”. “Siamo convinti che avremmo avuto ragione se fossimo entrati nel merito – continua Ingroia – E la forma è una questione di sostanza, nel diritto dell’indagato e della difesa”.
Chiarita la parentesi dell’udienza mancata, il cuore della questione diviene il linciaggio mediatico che, a detta degli avvocati e dello stesso Maniaci, si sarebbe verificato da parte della stampa e delle televisioni: “Si è aperta una ferita che non so se e quando si rimarginerà” torna a dire Ingroia che, come aveva fatto in altre occasioni, ribadisce le accuse nei confronti del “video spot” dei carabinieri: “L’unico scopo era fare del male a Pino Maniaci con intercettazioni infornate in maniera che portassero anche a ‘cattive interpretazioni’”. Ed è per questo che i legali annunciano di voler presentare una doppia denuncia per rivelazione del segreto d’ufficio e diffamazione a mezzo stampa. “Sarà non contro i giornalisti, ma nei confronti di chi ha architettato e costruito sapientemente il video spot, accostando immagini di repertorio e telefonate private. Comprendo che quando investigatori o pm si innamorano di una tesi accusatoria cercano di valorizzare tutti gli elementi anche quando sono ambigui e diversamente interpretabili ma qui non c’è rilevanza penale. Esempi chiari possono essere la telefonata con il Presidente del consiglio Matteo Renzi e lo sfogo sulla ‘mafia dell’antimafia’, che non hanno alcuna rilevanza penale, e che pertanto andranno distrutte”.

Il complotto
La linea difensiva resta dunque invariata anche se i toni della conferenza stampa, rispetto a quella che aveva fatto seguito all’udienza davanti al Gip Fernando Sestito, seppur fermi sono decisamente più pacati. Maniaci usa l’ironia (“Sono stato costretto a 22 giorni di ferie, purtroppo non sono ingrassato”) ed analizza, a modo suo, quanto avvenuto. “Mi sono posto una domanda – esordisce subito il direttore di Telejato – se noi non avessimo fatto quell’inchiesta sulla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, se ci fossimo comportati un po’ come tanti altri giornalisti, che non toccano i poteri forti, non so se tutta questa macchina del fango buttata addosso a me ci sarebbe stata o no. Fare inchieste scomode, toccare i poteri forti e anche pezzi della magistratura evidentemente ha dato fastidio a qualcuno”. La teoria del complotto è continuamente ripetuta nel colloquio con i giornalisti: “Ci sono tanti tasselli di un mosaico che porta a tante istituzioni. Preciso subito una cosa: per me le istituzioni serie e credibili sono sacre, come anche il tribunale di Palermo. Per me l’Arma dei carabinieri è una istituzione sacra. Per noi i magistrati sono per la maggior parte persone serie che fanno il loro dovere. Telejato non è abituata a fare di tutta erba un fascio, noi siamo abituati a fare nomi e cognomi”. Chi ha ordito il complotto? Gli inquirenti? La Saguto? Il Procuratore capo di Palermo? Certo è che quando è iniziata l’inchiesta al vertice della Procura non vi era Lo Voi ma Messineo.

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© ACFB

Le domande di Maniaci
Nel suo flusso di coscienza Pino Maniaci si pone una lunga serie di interrogativi. “Chi ha detto alla giudice Saguto che c’era un’inchiesta su di me? Nell’inchiesta sui beni confiscati sono emerse più intercettazioni”. E poi ancora: “Che fine hanno fatto i boss che sono stati arrestati nell’operazione dove mi è stato notificato il divieto di dimora? Sono tornati a casa (a quanto pare il boss Nicolò Salto non sarebbe più in carcere a causa del suo stato di salute, ndr)? Perché di me, che avrei compiuto un’estorsione di trecento euro più iva si parla tanto ed invece non si parla più della Saguto, di Cappellano Seminara e degli affari miliardari che venivano assegnati e gestiti?”. Maniaci dice anche di temere per le “centinaia di informatori che ci avevano dato notizie su certi affari, che avevamo tutelato e che ora si trovano con il ‘culo scoperto’ con numeri di telefono ed affini che sono a disposizione della Procura. L’ordine dei giornalisti cosa pensa di questo?”. In mezzo a tante riflessioni Maniaci torna anche su quel commento, da molti ritenuto offensivo nei confronti delle vittime della mafia, dopo aver ricevuto un premio, sottolineando come, in realtà, quelle parole le stesse rivolgendo a se stesso e non alla persona cui era intitolato il premio che non si trattava del “Premio Mario Francese”, come sostenuto dal vicepresidente della Commissione antimafia Claudio Fava. Un premio che è stato mostrato alla stampa, intitolato “Primo Oscar della legalità” e assegnato a Pino Maniaci per la categoria “Eroi del nostro tempo”.
Quindi il direttore di Telejato dimostra di non aver “digerito” quel comunicato stampa dove la Procura di Caltanissetta smentiva che l’inchiesta sui beni confiscati fosse partita dalle sue denunce. E’ per questo che mostra la citazione ricevuta nel marzo 2014, come persona informata dei fatti. “Sono stato chiamato per parlare della mafia dell’antimafia – ricorda – Ma la Procura sostiene che queste indagini non sono partite dalle mie denunce”.
Maniaci si sente dunque una vittima ma si dice pronto a proseguire con le sue battaglie: “Il fine era scassare tutto e chiudere Telejato. Forse perché stiamo iniziando un’altra delicata indagine sulla sezione fallimentare del Tribunale di Palermo”. Maniaci critica apertamente la scelta di inserirlo nel contesto di un’operazione contro quei boss che lui stesso appella come “pezzi di merda”.

Ringraziamenti, rilanci e poche scuse
Maniaci non dimentica di ringraziare “chi ha pagato la bolletta della luce, che ha permesso di tenere aperta TeleJato, ma anche i ragazzi che collaborano con la televisione che non hanno mai mollato, nonostante il fango che mi è stato lanciato addosso”. “Io – prosegue – sono una vittima di tutto questa vicenda. Con questi montaggi, frutto di un lavoro che nemmeno Fellini avrebbe saputo fare, hanno cercato di distruggere tutto: la mia famiglia, la televisione di TeleJato, la mia persona. Questa è una vera e propria macchina del fango, in cui è stato fatto un lavoro di montaggio inserendo questioni personali che non c’entrano nulla con i fatti imputati”.
E’ ovvio che su quello che viene oggi definito come il “caso Maniaci” vi è una questione “etico-morale” ed una “giuridica”. Ed è altrettanto vero che non è possibile cancellare la storia di Maniaci e Telejato, fatta di inchieste, denunce di malaffari ed intimidazioni subite (la tutela nei suoi confronti non è stata ancora revocata, ndr).
Il tentativo di gettare “il bambino con l’acqua sporca”, di delegittimare l’intero universo antimafia, è palese nei commenti che si sono sviluppati immediatamente dopo la notifica del divieto di dimora. Maniaci, oggi, racconta la sua verità, ma vi sono delle domande che restano aperte.
Ovviamente sarà un giudice a dover stabilire se il reato di estorsione, prefigurato della Procura di Palermo, sia stato commesso o meno. Certo è che nell’ordinanza del Gip non viene contestata solo la presunta estorsione di trecento euro più iva ma entrano anche altri episodi di cui né oggi né in conferenze stampa precedenti si è parlato. Vi è il riferimento è a servizi giornalistici specifici che non sarebbero stati mandati in onda. Per dimostrare che non vi è stato alcun ammorbidimento lo stesso Maniaci si dice pronto ad offrire “l’intero archivio dei telegiornali di Telejato”. Ma a detta dei legali, “i tg dove vi sono critiche feroci nei confronti dei sindaci, non sarebbero stati depositati all’interno del fascicolo della Procura”. Tuttavia non è compito della difesa “comprovare la tesi dell’accusa, caso mai si valutano le prove portate”.
Evidenziato l’aspetto giuridico, che avrà il suo corso ed i suoi tempi, resta quello morale.
Nell’immaginario collettivo uno scossone è stato dato dall’episodio dell’uccisione dei cani. Un “nodo” centrale che ha lasciato in molti giovani un senso di scoramento e delusione. Rispondendo al quesito di uno dei giornalisti presenti, Maniaci non cede di un millimetro e rilancia: “Io ho dato una mia interpretazione della questione e si pone in questi termini. Nel redazionale di oggi chiederemo ufficialmente agli organi competenti lo stato delle indagini su chi ha ucciso i miei cani. Io ho fatto il nome di un soggetto. Ci sono indagini in corso? Non sono più in corso? E’ stato sentito qualcuno?
Se fosse stato certo che le conclusioni erano quelle, con il nome della persona di cui avevo dato indicazioni, sicuramente sarebbe stato anche in quel video, invece non c’è”.
Può bastare come spiegazione? Crediamo di no perché sul punto vi sono state più versioni. Immediatamente dopo il fatto la “colpa” era stata data alla mafia, nonostante vi fosse il sospetto che a compiere il delitto potevano essere altri (nello specifico il marito della presunta “amante”). L’esito delle indagini può avere un rilievo, fatto sta che nella scorsa conferenza stampa proprio Maniaci aveva detto: “Parlando con la donna al telefono avevo accusato suo marito solo per una ragione di rivalsa contro di lei. Poi, invece, ho fatto una denuncia contro ignoti”. Indiscrezioni giornalistiche, però, hanno dimostrato come la denuncia del marito geloso (e violento) fosse stata fatta in tre occasioni, compreso il 4 dicembre, dopo la morte dei cani.
E’ questo uno degli aspetti che, allo stato, continua a non trovare una spiegazione. E’ su questo che in molti si aspettano delle scuse. Nessuno può negare il valore delle inchieste di Telejato, né l’essere fonte di ispirazione per tanti giovani venuti da tutti Italia (e non solo) che si sono voluti, e vogliono, cimentare con questo mestiere. E’ una questione di etica, di morale e non si può archiviare semplicemente facendo finta che così non è stato o spostando il centro della questione.
E’ lecito pretendere delle risposte e se si diventa un “esempio” per tanti ragazzi queste sono dovute.
Alla domanda se si rimprovera qualcosa Maniaci risponde con il suo solito fare: “Io sono quello che sono, sono sboccacciato e su questioni strettamente private, come il farmi bello, non scendo nei particolari. Posso solo chiedere scusa e voi capirete a chi devo chiedere scusa..”. E’ ovvio pensare alla famiglia, ai suoi figli, forse anche tutti i ragazzi che in lui hanno creduto e credono ancora. Sarebbe stato bello, però, sentirlo dire dalle sue parole.

(Articolo pubblicato su Antimafia Duemila)

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