Il generale Antonio Subranni e quelle strane visite di natura investigativa

subranni antonio c ansadi Franco Di Carlo
Seguo il processo che si sta svolgendo a Palermo, il cosiddetto processo Trattativa Stato-mafia, e con interesse ho ascoltato le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato generale Antonio Subranni.
Non ha perso tempo, il generale, ad attaccare come prima cosa il teste Francesco.
Di Carlo,
per quanto dichiarato avanti la Corte d’Assise presso la quale si celebra il processo, testimonianza resa il 29 gennaio 2014 ed il 6 marzo successivo.
Il nostro generale, ha foga di parlare, e più che parlare puntualizzerei, di scrivere, in quanto parte, o quasi tutte le sue dichiarazioni spontanee sono state lette dal suo difensore.
L’imputato Subranni però non ha fatto altro che confermare quanto da me affermato, in merito alla sua amicizia con Nino Salvo dicendo “Se Francesco Di Carlo mi ha visto due o tre volte negli uffici dei cugini Salvo, si trattava di motivi di indagini”.
Comunque questa è un’ammissione in piena regola.
Questo atteggiamento è il classico ombrello riparatore di tutti coloro che sono stati pescati con le mani nel sacco. Il generale forse non ricorda che queste invettive, prima di lui, le aveva già sperimentare Bruno Contrada, nel tentativo di difendersi, quando gli inquirenti scoprirono le sue frequentazioni con Saro Riccobono, all’epoca latitante.
Contrada si era difeso sostenendo che incontrava il boss di Cosa Nostra per motivi di indagine, per acquisire informazioni.
Peccato che si trattasse dell’esatto contrario.
Allo stesso modo pensa di agire il generale imputato non essendo in grado di smentire il teste Francesco Di Carlo, anche perché le mie parole sono state confermate da un altro generale:dei carabinieri: Nicolò Gebbia.
E’ risaputo che quando, in ambito processuale, un testimone viene attaccato per primo, sta a significare le sue dichiarazioni sono particolarmente temute.
Appare evidente che nei processi la difesa la difesa vada all’attacco del teste più credibile e attendibile, colui che non può essere smentito in alcun modo.
Il generale Subranni parla dei cugini Salvo, ammettendo di averli frequentati a lungo, come fossero stati soggetti  qualsiasi, sottoposti ad indagini e sorveglianza.
Vorrei sottolineare per chi non sa o ricorda chi fossero Ignazio e Nino Salvo, e l’onorevole Salvo Lima, che stiamo parlando degli uomini più potenti nella Sicilia degli anno 60 e 70.
Lima politicamente, i Salvo politica, finanza e Cosa Nostra.
Ma il generale imputato andava tranquillamente a trovarli e frequentarli.
Visite di natura investigativa, ovvio.

(Antimafia Duemila 6 ottobre 2017)

 

NOTA: la testimonianza di Di Carlo andrebbe più estesa. Subranni è quello che condusse le prime indagini sul delitto, cercando di orientarle prima come attentato terroristico, poi come suicidio.Durante il processo Di Carlo ha affermato che “i carabinieri di Cinisi erano nelle mani di Gaetano Badalamenti. E’ facile lasciarsi andare a connessioni indimostrabili, ma con un certo livello di probabilità, secondo cui i carabinieri di Cinisi erano alle dipendenze di Subranni e Gaetano Badalamenti era in ottimi rapporti con i cugini Salvo. Stop.

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