Auguri, Peppino

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Peppino a 72 anni. Magari  con rughe, spalle ricurve, voce arrochita dalle sigarette. Magari senza  addosso il colore nero con cui amava vestirsi. Magari a vivere da solo in qualche angolo di una qualunque città, o magari solo a Cinisi, nella sua casa. Magari a vivere “nei paesi caldi”, dove voleva andare finita la campagna elettorale,o magari a dirigere e organizzare quello che egli sognava di costruire in un suo terreno, un grande Centro Politico che potesse accoglòiere i rivoluzionari di tutto il mondo.  Magari a vivere insieme con qualche compagna o compagno d’altri tempi. Magari con uno, due, tre figli,   che magari sono andati via, per altre strade e per altre idee.  Magari senza i compagni di una volta, dai quali lo hanno separato troppe distanze, o magari ancora con qualcuno di loro, sopravvissuto agli ultimi quarantadue anni. Magari tra le sardine a cantare Bella Ciao,  o molto distante da esse, rilevandole l’inconsistenza ideologica e progettuale. Magari con gli ex di Rifondazione,o di LeU, o di Potere al Popolo, o del Partito Comunista  o del PCd’I di cui esiste ancora qualche traccia. O magari lontano anche da questi, deluso dalla loro litigiosità e gframmentarietà. Magari dentro qualche corteo di disoccupati e licenziati o in qualche  gruppo ecologista per il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente. Magari fuori da qualsiasi schieramento politico di estrema sinistra e dentro la fiaccola sempre accesa dell’anarchia che riverbera i suoi bagliori nel progetto del comunismo. Davvero non saprei  immaginare Peppino oggi senza il rischio di dovere sbagliare. Auguri, ragazzo. Per fortuna sei rimasto quello che eri.

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