Populismo

 

pifferaio Alla ricerca delle origini del nome alcuni indicano l’inglese “populism”, altri il movimento russo nato tra alla fine de secolo XIX , che si riproponeva  attraverso un’azione rivoluzionaria, un miglioramento delle condizioni di vita  dei contadini e dei servi della gleba, con la creazione di una sorta di comunismo rurale  contrapposto alla via industriale scelta dagli stati europei. Non c’è bisogno  di cercare lontane origini straniere per notare che anche in italiano esiste la parola ”popolo” e che il populismo dovrebbe essere qualcosa ad esso legato.

  Con il tempo si sono caratterizzati due significati, uno positivo, minoritario, tendente ad esaltare tutto ciò che viene dal popolo, o dalle “mitiche” masse, che dovrebbero essere la base della democrazia  (demos= popolo), l’altro, diventato ormai d’uso corrente, negativo, per indicare l’atteggiamento demagogico di chi fa leva sulle aspettative del popolo per strumentalizzarle secondo fini elettorali, senza preoccuparsi di risvolti etici o della “realizzabilità” di ciò che promette.

L’enciclopedia Treccani dà questa definizione: atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con significato più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in particolare all’Argentina del tempo di J. D. Perón (peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione.

Nella politica italiana ormai ha nettamente prevalso il significato negativo, con specifico riferimento alle esternazioni  di Matteo Salvini o a quelle di Grillo.  E pertanto l’uso è riservato per condannare  coloro che, facendo leva sulla “pancia” del popolo, accusano chi detiene il potere di tutti i mali possibili di cui è o sarebbe responsabile.

Le accuse principali del populismo “negativo” sono:

-I politici sono tutti ladri. Pensano ognuno ai propri affari e usano il potere per arricchirsi, prosciugano le ricchezze nazionali e impongono sacrifici ai più deboli per divertirsi alle loro spalle.

-Non esistono più ideologie, le parole socialismo, fascismo, comunismo, conservatorismo, hanno perso il loro significato. Dire che non esiste qualcosa che invece c’è è un chiaro tentativo di rimozione destinato a venir meno.

-Gli stranieri devono andar via dal  nostro territorio perché creano problemi di disoccupazione, di mancanza di sicurezza, di snaturamento  della nostra identità

-I posti di lavoro disponibili sul mercato sono riservati alla “casta” e ai rampolli dei gruppi di potere dominanti;

-Esiste un gruppo ristretto di oligarchi che decide in segreto  le sorti del mondo e da esso dipendono le  lobbies affaristiche che, d’accordo con i politici, controllano i mercati e le economie inquinando il pianeta e pensando solo ai loro affari.

Facendo leva sulle difficoltà economiche, i “populisti”, ormai diventati un fenomeno europeo, se non mondiale, (anche il  trumpismo ne è espressione), i loro pastori si atteggiano a capipopolo, chiedono una delega del popolo che li legittimi a portare avanti politiche che con i bisogni reali  hanno poco a che fare. La facilità di reperire consensi mette in crisi il concetto stesso di democrazia, minacciato dall’alimentarsi di tendenze razziste e giustizialiste, se non, in diversi casi, dalla legittimazione della violenza privata come  risposta alla violenza di cui si resta vittime. L’esistenza dei problemi  si scontra con  l’incapacità di saperli risolvere, alimentando  forme “degenerate” di populismo.

Nel 2016 è nato un movimento “Senso comune”, che si ripropone di combattere le disuguaglianze sociali, di porre all’attenzione i bisogni delle classi sociali più svantaggiate e di usare positivamente la parola “populismo”, in quanto espressione del bisogno del popolo di far valere i suoi diritti e lottare per soddisfare i  bisogni della “maggioranza maltrattata”: “Al contrario dell’uso convenzionale quindi, per noi il populismo non è sinonimo di demagogia o autoritarismo. Siamo infatti fermamente convinti che il populismo non delinei né una patologia politica né un’ideologia, ma consista piuttosto in una logica costitutiva della politica attraverso la quale diversi progetti competono per egemonizzare il campo sociale”.

 

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