La democrazia non esiste e non è mai esistita

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Il termine “democrazia” è stato usato e abusato. Quello che avrebbe dovuto essere “governo del popolo”, per garantire a tutti le stesse condizioni di libertà, di giustizia e di azione, è rimasto, come sempre un “sistema” di pochi, cioè dei più ricchi o di coloro che occupano i gradini più alti della  scala sociale. Nelle democrazie borghesi sono state spacciate per governo di tutti le oligarchie che hanno mantenuto saldamente in mano il potere: sono loro a decidere chi deve essere candidato, chi deve essere eletto, quali sono i limiti entro i quali si può spostare un’apertura o una chiusura delle regole democratiche. Sono loro che decidono come orientare il voto, attraverso un sapiente controllo di tutto ciò che produce consenso elettorale, dai mezzi d’informazione, all’economia, all’assistenza pubblica, al clientelismo.

 

Una delle più elementari regole della democrazia è, o dovrebbe essere, il sistema proporzionale: ogni forza politica e ogni gruppo di cittadini dovrebbe avere il diritto ad essere rappresentato: in tal senso dovrebbero essere studiate tutte le garanzie possibili per dare rappresentanza e voce alle minoranze. E invece si è preferito dirottare verso il sistema maggioritario, che consente la rappresentanza solo a chi vince ed esclude i perdenti, anche per un solo voto di differenza. Il triste ricordo del 61 a zero in Sicilia è stato l’esempio più abnorme di questa assurdità, sostenuta anche dalle forze di sinistra, (Prodi, Parisi, Veltroni)  e, in passato, si è dovuto ricorrere al “mattarellum”, cioè alla quota proporzionale di un quarto degli eletti, per garantire un minimo di presenza politica a coloro che non erano in grado di vincere un collegio elettorale. Si sono creati poi, sempre per cancellare le forze minori, gli sbarramenti del 3, del 5 per cento, onde consentire l’ingresso in parlamento alla Lega ed escludere i cosiddetti “cespugli” di destra e di sinistra. L’abolizione della preferenza, e le ricorrenti proposte di  premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che riceve più voti, sono tutti trucchi meschini per falsare le regole della democrazia e consentire la cosiddetta “governabilità” anche con un 30% di voti, riducendo le minoranze e le opposizioni a semplice rappresentanza, tuttavia ben foraggiata da stipendi, prebende, gettoni di presenza, sconti, scorte, esenzioni e privilegi vari.

 

E’ chiaro che, in questi termini, parlare di democrazia diventa uno specchietto per le allodole. Secondo un trucco ormai collaudato, ci si preoccupa dei limiti delle democrazie in altri paesi e si tende ad offuscare i propri limiti. Cinquanta che protestano a Cuba o in Cina fanno più notizia di cinquecentomila che scioperano a Roma. Gli attuali partiti politici presenti in parlamento sono perfettamente d’accordo sullo studio di norme che consentano loro di sopravvivere e sbarrare l’accesso alle nuove forze, soprattutto dopo l’inaspettata valanga dei Cinque Stelle. L’abolizione delle preferenze, sta bene a tutti, anche con il Rosatellum,  così nessuno sarà garantito il seggio anche all’impresentabile,  alla faccia della volontà popolare. La mistificazione arriva al punto di dire che l’elezione dei corrotti è possibile perché ci sono le preferenze, che quindi diverrebbero sinonimo di clientelismo. E perché? Forse che tutto il popolo sceglie solo coloro che lo corrompono o lo allettano con false promesse? Sono tutti imbecilli gli elettori, mentre intelligenti sarebbero solo i segretari di partito? Queste strategie da furbetti, degni di essere processati per truffa alle norme della democrazia, sono sostenute all’unisono sia dal PD che dal PdL, nell’ostinata volontà di tenere in piedi quel che resta della partitocrazia e la sua ostinata fame di denaro pubblico,  malgrado il continuo travaso di consensi verso le forze antisistema, frettolosamente definite “populiste”.

 

Fra l’altro, all’origine della crisi che stiamo vivendo c’è un meccanismo che ormai sta caratterizzando il nostro nuovo secolo, ovvero un ritorno al medioevo e alla scala gerarchizzata degli uomini in vassalli, valvassori, valvassini, militi. I ricchi hanno allargato, e continuano a farlo, i loro margini di profitto, e possono consentirsi di guazzare nel loro mondo dorato fatto di alberghi a 5 stelle, crociere, vacanze mitiche, negozi specializzati, griffe, gioielli ecc. I lavoratori, che hanno sempre meno soldi da spendere, non potendo comprare, riducono giornalmente gli spazi del  piccolo profitto, l’unico loro accessibile, e sono risucchiati da un cerchio di miseria e disoccupazione. Metti poi che non esiste più un partito cui fare riferimento per organizzare le lotte sociali e progettare una società nuova, basata su parametri ben diversi dagli attuali, ed hai un’idea di quanto ben poco sia cambiato da quel dieci per cento di “cittadini” che, ai tempi di Pericle, rappresentava e gestiva il governo della polis. Viene il sospetto che anche la generalizzazione, sono tutti ladri, sia a destra che a sinistra, sono tutti uguali, ecc. sia alimentata ad arte per favorire il distacco dalla politica di masse di elettori e indurli alla mancata partecipazione elettorale o all’astensione: tutto alimenta il dominio dei pochi. Quindi, niente democrazia, e neanche “aristocrazia”, perché “aristoi”, in greco significa “i migliori”:  figurarsi se i migliori erano i passati “berluscones” o “i tecnici” e i “professori”, o il renziano ”partito della nazione”, interamente al servizio dei “poteri forti”. Non c’è un governo dei migliori, ma di pochi, “oligoi”, e cioè un’oligarchia”, una “timocrazia”, cioè un governo basato sul reddito o, se  vogliamo addirittura usare un termine caro al fascismo,  una “plutocrazia”, il governo dei più ricchi, in cui “plutos” è il dio denaro.

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