Il 25 aprile a venire (Marcello Faletra)

 

Partigiane  Il 22 luglio del 1944 sul muro di una cella del carcere di Torino Ignazio Vian prima di essere impiccato a seguito di una delazione scrisse: MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE. Oggi, conosciamo bene il senso profondo di quelle parole scritte col sangue. Il tradimento della democrazia è all’ordine del giorno.

Il 25 Aprile è la ricorrenza di un fatto eccezionale della storia del nostro paese: l’insurrezione di larghe masse non soltanto per riconquistare la libertà dalla dittatura nazifascista, ma anche per  mobilitarsi contro i piani di distruzione delle fabbriche messo in atto dai tedeschi. L’insurrezione salvò gran parte delle industrie del nord col sangue dei partigiani. Il 25 Aprile, dunque, non è una commemorazione che concerne solo i “partigiani”, ma investe anche la classe industriale e i loro nipotini d’oggi, le cui fabbriche furono salvate da una tempestiva preparazione di resistenza. Di questa memoria gli industriali che oggi delocalizzano per fare profitto, ne ignorano la portata storica. D’altra parte non vedono l’ora di liberarsi della Liberazione in qualsiasi modo.

Infatti: l’ossessione che logora gli avvocati del neoliberismo al parlamento (senza distinzioni di bandiere) li ha spinti a tentare di cambiare la costituzione, per favorire lobby, corruttori e il cinismo dei mercati, spacciando per “riforma” una controriforma. Ci hanno provato riscrivendo una pseudo-costituzione redatta da imbecilli al servizio di poteri interni e potenze straniere (il tifo della JP Morgan e Goldman e Sachs perché ciò avvenisse è stato da stadio). Sono stati ricacciati nelle loro stalle. Ciononostante, continuano nel lavoro di massacro dei diritti. Diritti dei lavoratori, soprattutto. Era impensabile che proprio un partito sedicente di “sinistra” avrebbe fatto il “lavoro sporco” dando il colpo di grazia ai diritti dei lavoratori (art. 18), mettendosi dalla parte dei più forti. La loro idea di “liberazione” è quella della liberazione dai lavoratori, ricattandoli con politiche di delocalizzazioni e mortificazione.

– Liberazione dai precari (“Giovani italiani vanno all’estero? Meglio non averli tra i piedi” – parole del ministro Poletti);

– liberazione dalla scuola come formazione di un pensiero critico;

– liberazione da quel poco di informazione libera che resta.

– Pradazione del bene comune – acqua, risorse energetiche; 20 miliardi di euro a carico dei cittadini per salvare il liberticidio criminale delle banche decretati in un pugno di giorni.

– Il massacro delle economie locali a vantaggio delle grandi aziende off-shore, petrolieri prima di tutto;

– La costruzione di una società ricattabile al servizio dei più potenti, è l’orizzonte dei nostri “rappresentanti” non eletti, che legiferano illegittimamente (come recita una sentenza della Corte Costituzionale del 2013), e maldestramente su questioni decisive per il futuro del paese e delle generazioni a venire, e per questo eversori.

La liberazione non smette di finire. Ieri occorreva liberarsi dalla dittatura fascista. Oggi occorre liberarsi dalla ferocia neoliberista, dai loro portaborse parlamentari, dal gangsterismo bancario.

Ieri il 25 aprile – giorno della Liberazione – consentì agli italiani di costruire una democrazia concordata. Oggi stiamo subendo una democrazia dettata dai mercati. Ecco perché il 25 Aprile non ha perso nulla del suo valore reale e simbolico di Liberazione e di costruzione di una democrazia partecipata, ostacolata dal populismo degli “antipopulisti”: coloro che cianciano “in nome degli italiani”.

Il 25 Aprile deve spingerci a liberarci dalla politica intesa come “governance”, come si usa dire nel gergo neoliberista, vale a dire l’attività autoreferenziale dei governanti che hanno usurpato la sovranità popolare e legiferano per conto della finanza.

Il 25 Aprile è la data di costruzione di un presente e un futuro liberati dall’impolitica di una classe di fanatici del potere, di accoliti della corruzione, di impostori col volto del “politico”.

Il 25 aprile è a venire.
(Marcello Faletra)

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